Ne esistono due versioni. Una nel Vangelo di Matteo (6,9-13) ed un’altra in quello di Luca, più breve (11,2-4). Intenzionalmente non dico prima e seconda versione.
Infatti, esse sono entrambe importanti ed è inutile dire che una (la versione di Luca) rappresenterebbe l’originale da cui la seconda (Matteo) sarebbe scaturita.
Entrambe presentano caratteristiche peculiari a ciascun evangelista. Quella più famosa, comunque, è quella di Matteo. Questa è quello che approfondiremo insieme.
Padre nostro
Iniziano dalla prima frase, il destinatario della preghiera. Luca dice semplicemente “Padre” (Lc 11,2). Matteo approfondisce il tema, dicendo che non esiste Padre se non sia mio e tuo insieme, insomma nostro.
Nei vangeli questa preghiera è in Greco, ma probabilmente Gesù la pronunciò in aramaico palestinese, la lingua che la gente, a quei tempi, parlava.
Dio per gli ebrei
Era chiamato Yahvé, almeno questa è la forma e la pronuncia, secondo gli studiosi, del nome del Dio ebraico. Più comunemente essi usano, ancor oggi, il tetragramma, ossia una parola di quattro lettere: YHWH.
Nel periodo in cui la Bibbia ebraica – più o meno l’Antico Testamento – fu scritta, Dio era colui che difendeva Israele e scendeva in guerra con essi o anche al posto di essi.
Questa immagine bellicosa di Dio, presente in molti brani della Bibbia, risente degli schemi di pensiero tipici del VII-VI sec. a.C., epoca in cui gran parte dell’Antico Testamento ha preso forma.
L’influenza assira
In quel tempo, esisteva solo la Giudea, ossia la parte meridionale dell’antico regno di Davide e Salomone. La parte settentrionale, Israele, era stata distrutta alla fine dell’VIII sec. a.C. dagli Assiri.
Questi ultimi dominavano anche sulla Giudea non solo politicamente, ma anche culturalmente. Questa egemonia comportava l’assunzione di modelli letterari assiri, tra cui quello del noto Dio guerriero.
Questa immagine di Dio andò trasformandosi nel tempo, diventando meno nazionalista e più universale, per giungere alla stupenda pagina di Genesi 1, dove Dio è il creatore del mondo.
Un dio nazionale
Questa trasformazione è legata all’esperienza dell’esilio, quando gli ebrei furono deportati in Babilonia dal re Nabucodonosor alla fine del VI sec. a.C. Infatti, per gli ebrei il Jahvé, il dio nazionale, era stato sconfitto, insieme ad essi.
A quell’epoca, com’era in uso presso gli Assiri, il vincitore aveva la meglio non solo sulle popolazioni sconfitte, ma anche sulle divinità di quel popolo. Ciò è dovuto al fatto che, un dio nazionale poteva sconfiggere il dio di un’altra nazione.
Così il re vincitore deportava non solo la gente di una nazione sconfitta, ma anche le statue dei loro dei.
Un dio apocalittico
E siccome la Bibbia è un libro pluralista, dove sono confluiti modi di pensare assai diversi tra loro, Dio diventò poi quello che interverrà in modo clamoroso ed apocalittico nella storia.
Egli difenderà quelli che sono rimasti fedeli alla legge di Mosè e non si sono uniformati ai costumi dei pagani. Il libro dell’Apocalisse è l’esempio massimo di questo genere chiamato, appunto, apocalittico.
Il dio di Gesù
Gesù, da buon ebreo, condivideva l’idea di Dio del suo tempo, che è un po’ la somma di tutte queste tendenze, forse con un’accentuazione del Dio interventista della corrente apocalittica.
Tuttavia, non si può negare, che egli approfondì eccezionalmente l’immagine di un dio misericordioso (Luca 15) e, perciò, paterno. La preghiera del Padre nostro ne è espressione massima.
Quando Gesù dice Padre – in ebraico ‘ab (אַב) – egli intende sicuramente Jahvé, pronunciato probabilmente come adonai ossia “Signore”. Il pronome possessivo nostro, indica la prospettiva della preghiera di Gesù.
Il noi di Gesù
Nostro, ossia di Gesù e dei discepoli che vivevano con lui. Ma anche della gente che lo stava ad ascoltare sul monte. Il capitolo 6, infatti, fa parte del famoso discorso del monte, la cui parte centrale è costituita dalle beatitudini (cap. 5).
Perciò, Dio era il dio di tutti, nessuno, ma proprio nessuno escluso. Soprattutto, il Dio sei semplici, degli esclusi, dei poveri dentro e fuori, delle prostitute, degli emarginati, etc. etc. Insomma, tutti quelli che lo stavano ascoltando e che ancora lo ascoltano.