Allora il Signore Dio fece scendere un torpore sull’uomo, che si addormentò; gli tolse una delle costole e rinchiuse la carne al suo posto
Genesi 2,21
Quando parliamo dei primi tre capitoli della Genesi, siamo abituati a pensare ad Adamo ed Eva come a due individui singoli e concreti. In realtà, non è proprio così.
Anzitutto, Eva non viene nominata prima del capitolo terzo (ver. 20). Il nome Adamo (in Ebr. Adam אָדָם) come nome di persona apparirà ancora più avanti, al capitolo quarto, dove si racconta la vicenda dei suoi due figli: Caino ed Abele.
Nei primi due capitoli e direi anche nel terzo, non possiamo pensare a due individui concreti, ossia a due persone in carne ed ossa. Si parla piuttosto di “uomo” e “donna” (Gen 2,23), di “maschio” e “femmina” (Gen 1,27). Nomi che non si riferiscono a persone concrete, ma che descrivono piuttosto la natura umana nelle sue principali caratteristiche.
Potremmo così dire che l’umanità (‘adam) è composta da maschio e femmina, ossia da due sessi distinti e complementari (in Ebr. zakàr זָכָ֥ר e neqevàh נְקֵבָ֖ה) ma anche da due esseri capaci di interagire profondamente tra loro, non solo a livello carnale (in Ebr. ‘ish אִיש e ‘ishàh אִשָּׁה).
Con questo quadro di riferimento vediamo il versetto 21. Si dice che il Signore Dio (o Signore degli dei – in Ebr. יְהוָ֨ה אֱלֹהִ֧ים adonai elohim ), fece scendere un “torpore” sull’uomo. Di cosa si tratta? La parola ebraica – (in Ebr. תַּרְדֵּמָ֛ה tardemàh) – indica uno stato assai simile a quello che oggi chiamiamo di “trance”.
Un sonno profondo, non assimilabile alla condizione di una persona anestetizzata, quanto piuttosto ad una specie di “sonno mortale”. Insomma, si vuol dire che “l’essere umano” torna ad uno stato di inerzia, in una condizione simile a quella che precedette la sua creazione come “essere vivente” (Gen 2,7).
Trovandosi in questo stato di “sonno profondissimo”, il Signore Dio prende una costola dall’essere umano. Anche in questo caso, il linguaggio usato dall’autore sembra alludere ad una persona concreta da cui viene tolta una costola, in Ebr. צֵלָע tsela’. Ma le cose non stanno proprio così.
Certamente, la parola ebraica significa anche “costola” umana; essa, però può significare anche “fianco”. Come comprendere, allora, il versetto? Il Signore Dio tolse una costola o il “fianco” dell’uomo? Oppure, bisogna comprendere che il Signore Dio crea la donna con la stessa sostanza dell’uomo, ossia la “terra”?
Prendendo però il “fianco/costola” dell’uomo, si vuole probabilmente indicare che l’essere che Dio così creerà sarà “complementare” e utile all’uomo, non come gli animali.
Infine, il Signore Dio rinchiude la carne da cui aveva preso qualcosa dell’uomo. Qui, probabilmente, s’intende un’azione concreta indubbiamente, ma anche metaforica. È come se l’essere che Dio creerà debba venire dalla stessa sostanza dell’uomo, anche se questa sostanza non è (solo) la terra e/o la carne, ma ben di più …
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