Oggi presentiamo nel dettaglio le diverse “fonti” cui gli autori del Pentateuco avrebbero attinto per redigere la Torah. La prima è quella che è notoriamente chiamata “jahwista”.
Fonte Jahwista (J) questa fonte è legata ai primi passi dell’ipotesi documentaria di Graf-Wellhausen. Si basa sulla presenza del nome di YHWH già a partire dai capitolo 1-3 della Genesi.
Il tono della fonte è leggero e libero, parte dalla creazione, per giungere al regno davidico. La datazione è assai fumosa, in genere attribuita all’epoca monarchica (X_IX sec. a.C.). Tale incertezza è dovuta, a giudizio di Wellhausen, al fatto che la fusione dei due documenti (RJE) ne rese praticamente irriconoscibile la fisionomia di ciascuno.
Hermann Gunkel (1862-1932) dirà poi che lo J non è un solo autore ma una “scuola di narratori” che raccolsero e tramandarono non racconti scritti, bensì tradizioni orali. La sua posizione lo accomuna a quelli che suddivideranno la fonte J in una molteplicità di narratori (tutti con una sigla Ja,Jb,Jc … ).
Il motivo di questo frazionamento è la diversità e l’incoerenza dei racconti che può essere risolta, ma non in modo soddisfacente, postulando più fonti J. Gerhard von Rad (1901-1971), invece, tornerà ad affermare con forza che fu solo J il teologo e narratore di quella che lui chiamava la “storia della salvezza”.
L’opera narrativa dello J sarebbe nata da una specie di “sommario”, un “tema”, quello che lui chiamava “piccolo credo storico” (Dt 26,5-9) contenente i temi principali di una prima ed abbozzata narrazione dell’Esateuco (da Genesi al libro di Giosuè). A questa opera furono aggiunti poi Gen 1-11, i patriarchi e la tradizione del Sinai.
L’epoca a cui apparterrebbe lo J sarebbe quella salomonica, la cui prosperità permise lo sviluppo di un vero e proprio “illuminismo”. Un illuminismo che permetterà di mettere insieme le tradizioni e scrivere la prima storia d’Israele, tra il 950 e il 930 a.C.
Martin Noth (1902-1968) approfondì la fase pre-monarchica delle tradizioni che poi lo J raccolse ed editò. Cinque sarebbero i temi che avevano una loro fisionomia prima della monarchia: 1. la promessa patriarcale; 2. l’uscita dall’Egitto; 3. il cammino nel deserto; 4. la rivelazione al Sinai; 5. l’entrata in Canaan.
Con questi due importanti autori – Gunkel e von Rad – la fisionomia dello J rimase indiscussa fino agli anni Settanta. H. H. Schmid osserva notevoli somiglianze tematiche tra parti del Pentateuco e i temi cari al Deuteronomista (sigla Dtr – teoria formulata da Martin Noth). Perciò lo J non può appartenere all’epoca dell’illuminismo salomonico.
Secondo Martin Rose, lo J sarebbe addirittura posteriore al Dtr e ne costituirebbe l’introduzione. John van Seters prosegue gli studi di Rose e dice che lo J sia uno storico del periodo persiano, come Erodoto o Tucidide. Egli avrebbe creato questa storia come introduzione al Dtr.
Questi due autori ribaltano la teoria documentaria, pur non negandola, dicendo che lo J sarebbe di epoca post-esilica e non certamente monarchica.
Sarà Rolf Rendtorff a distruggere la fisionomia e il ruolo dello J. Egli sostiene, infatti, che il Pentateuco sia costituito da unità narrative maggiori che furono progressivamente fuse insieme da redattori come quelli Dtr. Su posizioni simili anche F. Crüsemann (su Gen 2-11), E. Blum e C. Houtman.
Attualmente c’è ancora chi si attiene alle posizioni di von Rad e Noth, (per es. L. Schmidt) ma anche chi continua a postulare uno J appartenente al X, anche se molto ridotto nella sua estensione (per es. E. Zenger).
Altri, invece, condividono le posizioni di M. Rose e J. van Seters, ossia che lo J sarebbe del periodo esilio e post esilio. Vi è poi la posizione di Rendtorff e Blum, riguardo alle unità narrative sia orali che scritte che sarebbero state fuse insieme.