Fino al XVI secolo, nessun studioso dubitava che Mosè fosse l’autore materiale del Pentateuco. Mosè aveva scritto tutti i libri del Pentateuco, al massimo servendosi di fonti.
I primi studi sul Pentateuco
Il primo a dubitare di questa paternità fu lo studioso tedesco Andreas Rudolph Bodenstein Karlstadt (noto come “Carlostadio” 1480-1541) il quale osservò che Mosè non avrebbe mai potuto scrivere della sua morte, così come viene narrata in Deuteronomio 34. Ma era una posizione isolata, nel mare del consenso attorno alla paternità mosaica del Pentateuco.
Solo però a partire dal XVII secolo, le voci di dissenso si moltiplicano, all’interno delle quali la più importante ed autorevole è senza dubbio quella di Baruch Spinoza (1632-1677). Secondo Spinoza l’autore del Pentateuco fu Esdra, ma non perché scrisse il Pentateuco per intero, ma solo perché egli trascrisse memorie precedenti che poi furono ulteriormente elaborate.
Una pietra miliare negli studi sulla formazione del pentateuco fu gettata da Richard Simon (1638-1712). Egli da una parte difese la paternità mosaica, limitandola però alle sezioni legislative del Pentateuco, ma dall’altra disse che Mosè affidò la redazione delle parti restanti a scribi professionisti.
Gli inizi della ricerca
Queste prime ricerche rappresentano il terreno fecondo sul quale poi si sviluppa la vera e propria ricerca sul Pentateuco. Il primo e decisivo passo fu compiuto dal medico francese Jean Astruc (1684-1756). Egli riconobbe nella Genesi due “memorie” o “documenti” principali caratterizzati dall’impiego del nome divino: Elohim אֱלהִים e Jahvé יַהְוֶה.
La prima fu chiamata, dunque, elohista mentre la seconda jahvista. In verità, egli riconobbe altre dieci fonti, tra le quali quella che usava Jahvé Elohim come nome di Dio. Mosè dispose queste fonti su quattro colonne che, però, i copisti posteriori confusero e mischiarono.
Vi fu poi Henning Bernhard Witter (1683-1715) secondo il quale Mosè avrebbe incorniciato il testo della Legge di Dio con racconti tratti da fonti a carattere orale. Per la prima volta furono stabiliti i criteri per il riconoscimento dell’uso di fonti: doppioni, testi paralleli, diversità stilistiche e, ovviamente, i diversi nomi attribuiti a Dio.
Per la prima volta, inoltre, in Genesi 1-2 furono riconosciute due fonti. Lo studioso, purtroppo, ebbe a subire l’attacco incrociato di colleghi e dell’ambiente ortodosso luterano che aveva una concezione assai rigida di ispirazione dei libri sacri.
Per questo motivo, gli studi di Witter furono ben poco recepiti nell’ambito accademico tedesco, mentre invece ebbero un’accoglienza entusiasta quelli del francese Astruc. Il primo a valorizzare gli studi del medico francese fu Johann Gottfried Eichborn (1752-1827). Egli estende le ricerche di Astruc ai primi due capitoli dell’Esodo dove riconosce due fonti principali.
Eichhorn introduce la categoria del redattorequale vero responsabile – non Mosè – della redazione finale del Pentateuco.
Un discepolo di Eichhorn, Heinrich Georg August Ewald (1803-1875) parlò per la prima volta di “documenti” che furono usati per la redazione del Pentateuco. Ne individuò cinque:
1. il “libro delle alleanze” scritto all’epoca di Sansone (da Genesi 12 ai Giudici);
2. la parte più antica (elohista) del “libro delle origini” (dalla creazione alla consacrazione del Primo tempio);
3. un racconto della vita di Mosè composto al X o IX secolo a.C.;
4. un altro documento del IX od VIII secolo;
5. un documento “jahvista” scritto nel VII secolo a.C. Il Deuteronomio sarebbe un libro a sé scritto da un ebreo che si trovava in Egitto e rivisto al tempo di Giosia.
Le quattro fonti del Pentateuco
Considerata la complessità del materiale contenuto nella fonte “elohista”, Hermann Hupfeld (1796-1866), la divise in due, chiamandole Elohista 1 ed Elohista 2.
Karl Heinrich Graf (1815-1869) ordinò cronologicamente le due fonti, sostenendo che vi fosse una fonte elohista pre-esilica (prima dell’esilio, ossia prima del VI sec. a.C.) ed una fonte “legislativa” post-esplica, riconoscibile all’interno dei libri dall’Esodo ai Numeri.
Infine Abraham Kuenen (1828-1891), chiamò la fonte legislativa non più elohista, bensì sacerdotale. Egli, inoltre, attribuì il Deuteronomio al tempo di Giosia. Giunti a questo punto abbiamo tutt’è quattro le “fonti” o “documenti” che caratterizzeranno la cosiddetta “ipotesi documentaria”, la teoria che dominerà il campo di studi fin oltre la metà del XX secolo:
J (Jahvista), E (Elohista), D (Deuteronomio), P (Sacerdotale).