Secondo la tradizione, l’esodo degli ebrei dall’Egitto ebbe luogo durante l’ultimo quarto del secondo millennio, durante il regno di Ramesse II. Così infatti riferisce il libro dell’Esodo:
Allora vennero imposti loro dei sovrintendenti ai lavori forzati per opprimerli con i loro gravami, e così costruirono per il faraone le città-deposito, cioè Pitom e Ramses.
Esodo 1,11
Ricordato come il più grande costruttore della diciannovesima dinastia del Nuovo regno, Ramesse attuò grandi imprese edilizie in queste due località, servendosi di un gran numero di schiavi.
Ciò nonostante, gran parte degli studiosi ritengono che gli Israeliti fuggirono dall’Egitto durante il regno del suo successore, Merneptah. In una stele in cui si celebrano le vittorie di questo faraone, datata al 1220 a.C., si legge che egli vinse una battaglia in Canaan e si menziona il popolo sconfitto:
Canaan è privato di ogni sua malvagità; Ashqelon è deportato; ci si è impadroniti di Ghezer; Yanoam è come se non fosse più; Israele è annientato e non ha più seme.
Considerato insieme alle testimonianze bibliche, come il calcolo basato su 1 Re 6,1:
alla costruzione del tempio del Signore fu dato inizio l’anno quattrocentottanta dopo l’uscita degli Israeliti dal paese d’Egitto, l’anno quarto del regno di Salomone su Israele, nel mese di Ziv, cioè nel secondo mese
sembra che l’esodo della nazione israelita sarebbe avvenuta intorno al 1225 a.C.
(Tratto da Dan Cohn-Sherbok, Atlas of Jewish History, Routledge 1994, p. 9-10)