Quando lavorerai il suolo, esso non ti darà più i suoi prodotti: ramingo e fuggiasco sarai sulla terra
Genesi 4,12
Come accadde per Adamo ed Eva, così è per Caino. Ucciso il fratello, egli è solo, privo dell’appartenenza ad una famiglia umana. Egli è alienato anche da Dio, dalla sua voce, dai suoi preziosi consigli. Perciò, anche la madre terra rifiuta di collaborare con lui, di dare il suo frutto ad un uomo che ha macchiato il suolo del sangue del fratello, di un uomo che lei stessa – come Adam – aveva generato.
Cosa può essere mai un essere umano ridotto in tali condizioni? Quale vita potrà mai fare?
Ramingo e fuggiasco
Ramingo e fuggiasco, ossia senza patria e in continuo movimento da un posto all’altro. Senza una casa, una famiglia, delle radici, Caino è costretto a vagabondare da un luogo all’altro in cerca di cibo che una terra imbrattata di sangue non vuole, né può dargli.
Come Adamo, anche Caino non muore per aver trasgredito un ordine divino. Egli continua a vivere, anche se non come potrebbe farlo all’interno di un rapporto vitale tra lui e Dio, tra lui e la sua famiglia, tra lui e il fratello che ormai non c’è più, per colpa sua.
Il frutto della maledizione
La sua è un’esistenza nomade, ma non frutto di una benedizione, come per Abramo e i padri. Qui, infatti, si tratta piuttosto di un vagabondaggio, di un accattonaggio frutto della maledizione del suolo che sempre si rinnova non per colpa di Dio, ma dell’uomo che lo contamina con il delitto più grave, il vero peccato: la soppressione di una vita umana. Poi il seguito del racconto smentirà in parte questo destino di Caino.
Infatti, Dio non maledisse il suolo in cui Adamo lavorava, ma fu l’uomo che fidandosi più delle alleanze politiche rese la sua patria un territorio ostile e sterile. Dio non maledice di nuovo un suolo che, anche se arido come quello della Palestina, avrebbe comunque dato di che sopravvivere a Caino, se solo egli non fosse stato divorato dal tarlo dell’invidia.
In un certo senso, c’è qui un peggioramento della condizione umana. Se Adamo ricavava dal suolo solo spine e cardi (cfr. Genesi 3), qui si dice che il suolo – ‘adamah אֲדָמָה in Ebraico – non darà affatto il proprio frutto. Il capitolo quarto di Genesi è infatti inserito nei capitoli che precedono il racconto del diluvio universale e che descrivono il progressivo deterioramento della condizione umana, sempre più lontana dal progetto originario che Dio aveva stabilito per essa.
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