Pesach, conosciuta anche come la Pasqua ebraica, è una delle feste più antiche e significative dell’Ebraismo. Le sue radici affondano nell’Esodo dall’Egitto, ma il suo significato si è ampliato e arricchito nei secoli, influenzando profondamente anche il Cristianesimo.
📜 Origini bibliche di Pesach
Il racconto fondativo si trova nel Libro dell’Esodo, capitoli 12–13. Israele è ancora schiavo in Egitto.
Alla vigilia della liberazione, Dio comanda agli Israeliti di sacrificare un agnello, mangiarlo in fretta con pane azzimo (מַצּוֹת mazzòt) e erbe amare (מְרֹרִים merorìm), e segnare con il sangue dell’agnello gli stipiti delle porte.
Questo segno avrebbe protetto le loro case dal passaggio dell’angelo sterminatore nella decima piaga.
Il termine Pesach (פֶּסַח, Pesach) significa “passare oltre” o “saltare”, indicando il passaggio del Signore che risparmia i primogeniti israeliti. Ma più in profondità, Pesach rappresenta il passaggio dalla schiavitù alla libertà, dalla paura alla fiducia, dalla morte alla vita.
⏳ Evoluzione storica e liturgica di Pesach
Con l’entrata nella Terra Promessa e la centralizzazione del culto nel Tempio di Gerusalemme (Deuteronomio 16), Pesach si evolve. Non è più un semplice rito familiare, ma una festa di pellegrinaggio: ogni maschio israelita doveva salire a Gerusalemme per offrire il sacrificio pasquale.
Dopo la distruzione del Secondo Tempio nel 70 d.C., non fu più possibile offrire l’agnello. Il rituale si spostò interamente nell’ambito domestico e sinagogale. Al centro del nuovo rito troviamo il Sèder di Pesach, una cena rituale con letture, cibi simbolici, domande e risposte, e la narrazione dell’Esodo attraverso la lettura dell’Haggadà ( = racconto).
Il Sèder prevede quattro coppe di vino, simboli forti come l’osso d’agnello, il pane azzimo, le erbe amare, e il celebre detto:
“In ogni generazione, ognuno è tenuto a considerarsi come se egli stesso fosse uscito dall’Egitto”.
📖 L’Ultima Cena: una Pasqua ebraica?
I Vangeli sinottici (Matteo 26, Marco 14, Luca 22) descrivono l’Ultima Cena come un pasto pasquale. Gesù dice esplicitamente:
“Ho desiderato ardentemente mangiare questa Pasqua con voi prima della mia passione” (Lc 22,15).
Molti elementi del Sèder sono presenti o evocati nel racconto evangelico:
- Il pane: Gesù prende il pane, lo benedice, lo spezza e lo distribuisce.
- Il vino: ci sono menzioni di una o più coppe.
- Le parole di benedizione e la condivisione comunitaria.
- Il contesto notturno e il clima di attesa.
Tuttavia, ci sono anche differenze: non si parla di agnello, né delle erbe amare, né viene menzionata la Haggadàh o le quattro domande.
Inoltre, il Vangelo di Giovanni colloca la morte di Gesù prima di Pesach (Gv 19,14), identificandolo con l’agnello pasquale che viene sacrificato mentre nel Tempio si immolano gli agnelli.
Queste differenze ci dicono che, pur non trattandosi di un Sèder rabbinico completo (che si formalizzerà nei secoli successivi), l’Ultima Cena si svolge in un contesto pasquale.
E soprattutto, Gesù ne assume il significato simbolico profondo: la liberazione, il patto, il sangue dell’alleanza.
✝️ Gesù e il significato rinnovato di Pesach
Con l’Ultima Cena, Gesù riveste Pesach di un nuovo significato. Non è più solo memoria dell’antica liberazione, ma anticipazione della nuova alleanza:
“Questo è il mio corpo… questo è il mio sangue dell’alleanza” (Mc 14,22-24)
Come Mosè sigillò il patto con il sangue dell’agnello (Es 24,8), così Gesù suggella una nuova alleanza con il proprio sangue. Il passaggio dalla schiavitù d’Egitto diventa figura della liberazione dal peccato e dalla morte.