Sguardo finale d’insieme
Con questo articolo, finisce la prima parte della nostra indagine sulla formazione della Torah, ossia il Pentateuco. Giunti a questo punto, queste sono le cose “sicure” che si possono dire riguardo alla formazione del Pentateuco:
- il Pentateuco non fu scritto (solo) da Mosè. Mosè resta il punto di partenza per la grande tradizione che poi confluì nel Pentateuco, ma non è più possibile pensare che fu lui a scriverlo materialmente.
- Gli antichi avevano un altro modo di comporre i testi. Essi non “buttavano” il materiale preesistente anche quando esso era antitetico a quello precedente.
- Il senso letterale non va tralasciato, perché da esso scaturisce ogni successiva lettura, anche quella allegorica o spirituale; ciò significa che bisogna discernere quale sia stato il significato originale delle parole bibliche.
- Un testo non va solo spiegato attraverso lo studio esegetico, ma anche compreso, ossia afferrato nella sua valenza teologica e spirituale.
Esistono anche dei punti deboli che obbligano a superare o comunque integrare l’ipotesi documentaria classica:
- l’impiego del nome divino (principalmente YHWH e elohim) non è un criterio sufficiente per attribuire un testo ad una fonte o ad un’altra. Essi va integrato da altri criteri letterari e stilistici.
- Anche il criterio dei “duplicati” all’interno di uno stesso brano non è un criterio sufficiente in se stesso per identificare fonti diverse corrispondenti. Una più profonda conoscenza della retorica ebraica impedisce di vedere testi duplicati laddove si tratta, per esempio, di una semplice “simmetria concentrica”.
- Il criterio dei “testi contraddittori” è ugualmente un criterio insufficiente in se stesso per riconoscere mani diverse all’interno di uno stesso testo. Soprattutto perché gli antichi usavano accostare testi anche tra loro contraddittori più che tralasciarli in nome di una logica che essi non conoscevano.
- Non basta neppure lo stile per identificare un certo autore.
- Il criterio della teologia che caratterizza e differenzia un certo brano da un altro è assai rischioso per riconoscere fonti e autori diversi. Ciò a causa della soggettività di un tale giudizio da parte dell’esegeta.
Infine, la teoria documentaria è assolutamente inadatta al riconoscimento delle tradizioni più antiche. Infatti, se la fonte D (Deuteronomio) e la fonte P sono facilmente riconoscibili ed attribuibili al Giudaismo del VI secolo rappresentato sia dai Giudei rimasti in Giudea che dai Giudei rientrati in patria, le più antiche fonti J ed E sono assai più fumose e nebulose.
Ciò però non significa che non esistano tradizioni più antiche del VI secolo; solo che esse non possono essere riconosciute a partire da una loro attribuzione alle fonti J o E.
Problemi di fondo …
A mio parere, uno dei problemi più importanti nell’esegesi biblica è l’unilateralità dei vari metodi, che nel loro insieme non permettono altri tipi di lettura.
Non credo che la verità contenuta nella Bibbia sia solo quella che riguarda la nostra salvezza (cfr. Dei Verbum 11), perché se così fosse, allora i brani dove YHWH immaginato come Re bellicoso e vendicativo fa strage di donne e bambini nelle città votate allo sterminio restano un enigma irrisolvibile.
Possiamo dire che in molti brani si respira veramente un clima spirituale elevatissimo, che fa bene all’anima e al corpo. In questi brani è certamente più semplice parlare di “ispirazione divina”.
Occorre allora fare delle distinzioni, per trovare nella Bibbia – in ogni sua parte, perché così dice il concilio (Dei Verbum 11) – quelle parti o quel livello di lettura dove scorre la linfa divina, capace di curare la nostra anima. Ma per far questo, i metodi che oggi si usano nelle università sono solo propedeutici, perché il grosso di questo lavoro dev’essere ancora fatto.
Bisogna allora accostarsi ai testi originali della Bibbia ebraica con apertura mentale e apertura del cuore, non lasciandosi ingabbiare dalle strettoie storico-critiche, ma avvalendosi di esse per giungere a sguardi d’insieme sempre più ampi e profondi che però si basano su presupposti metodologici diversi e nuovi.