Debora (דְבוֹרָה, Devorah, il cui nome significa “ape”) una delle sole donne giudici d’Israele, emerge come una figura di comando e di ispirazione divina in un periodo di grande tumulto. Giudice e profetessa, Debora viveva sotto una palma tra Rama e Betel, luoghi significativi per il culto e la giustizia in Israele. Era conosciuta per la sua saggezza e forza spirituale, ed è in questo contesto che ella entra in scena nella storia di Israele.
Quando gli Israeliti erano oppressi dal re cananeo Iabin e dal suo comandante Sisara, Debora convocò Barak (בָּרָק, Baraq, il cui nome significa “fulmine”), un guerriero della tribù di Nèftali. Lei gli impartì un ordine divino: radunare diecimila uomini e prepararsi per la battaglia sul monte Tabor. La richiesta di Barak che Debora lo accompagnasse è emblematica della sua fiducia nella sua leadership e nella protezione divina.
Il confronto culminante avvenne presso il torrente Kison, dove le forze israelite, sotto la guida di Barak e con il sostegno spirituale di Debora, sconfissero decisamente l’esercito di Sisara. La storia trova un epilogo drammatico nella figura di Iael, che uccide Sisara, confermando la profezia di Debora che l’onore della vittoria sarebbe andato a una donna.
Il Cantico di Debora: un inno di vittoria e fede
Il “Cantico di Debora”, che segue immediatamente la narrazione della vittoria, è uno dei più antichi esempi di poesia ebraica e un tesoro di immagini poetiche e temi teologici. Celebrando il trionfo, il cantico riconosce esplicitamente il ruolo di Dio nella guida e nella protezione del suo popolo. In particolare, spiccano due versetti.
- Versetto 4: “Signore, quando uscisti da Seir, quando avanzasti dalla campagna di Edom, la terra tremò, i cieli stillarono, anche le nubi stillarono acqua.” Questo versetto richiama la potenza divina vista durante gli eventi del Monte Sinai, legando la vittoria di Debora e Barak all’intervento diretto di Dio, simile a quello che guidò Mosè e il popolo di Israele fuori dall’Egitto. Questo testo che echeggia Deuteronomio 33,2, narra l’origine del culto israelitico di YHWH; un’origine meridionale. Nel testo di Deuteronomio si parla di una vera e propria “apparizione”: «YHWH è venuto dal Sinai, è spuntato per loro dal Seir, è apparso dal monte Paran».
- Versetto 21: “Il torrente di Kison li trascinò via, il torrente antico, il torrente Kison. Anima mia, nel vigore!” In questo passaggio, “nefesh” è da tradursi con “anima” – non come “vita”, come in genere si usa – esprimendo la profonda gratificazione spirituale tratta dalla giustizia divina realizzata attraverso la vittoria.
La storia di Debora e Barak nel Libro dei Giudici è un vivido promemoria del potere della fede e della leadership ispirata. Non solo illustra come l’intervento divino possa alterare il corso della storia, ma ci mostra anche come figure di coraggio e convinzione possano guidare un popolo verso la liberazione.