Allora il Signore Dio disse al serpente:
«Poiché tu hai fatto questo,
sii tu maledetto più di tutto il bestiame
e più di tutte le bestie selvatiche;
sul tuo ventre camminerai
e polvere mangerai
per tutti i giorni della tua vitaGenesi 3,14
Povero serpente! Condannato a strisciare per terra e a leccare la polvere del suolo. Se prendiamo la Bibbia alla lettera, allora dobbiamo indubbiamente pensare che la fisionomia del serpente sia dovuta ad una maledizione divina!
Se leggiamo la Bibbia a partire dall’inizio, secondo uno schema di causa ed effetto, è proprio così. Occorre dunque distinguere molto bene, il rappresentato dal rappresentante; ciò che il serpente rappresenta dall’animale concreto e fisico.
Il simbolo del serpente
Quando, nel VI secolo a.C., l’autore della Genesi scrisse queste righe, il serpente aveva già da tempo cessato di essere una semplice ‘creatura di Dio’ per rappresentare tutto quello che nella Bibbia esso rappresenta. Era un simbolo di salvezza, ma anche di perdizione.
Era il cosiddetto nechustan (in Ebr. נְחֻשְׁתָּֽן) “il serpente di bronzo” adorato dagli Israeliti, nel nord del paese (2 Re 18,4) a ricordo del serpente che Mosè aveva eretto per salvare gli ebrei nel deserto dal morso del serpente (Num 21,8-9). Un simbolo positivo, dunque.
Ma il serpente rappresentava l’ambiente da cui idealmente proveniva: le acque, il mare. Il Leviathan (in Ebr. לִוְיָתָֽן) era una specie di serpentone che abitava gli abissi del mare (Gb 27,1) e che rappresentava il mondo del male, dell’occulto, di ciò che è tenebra (Gb 3,8).
Celebre, in tal senso, è il Moby Dick di Melville. Ed anche al di fuori della Bibbia, il serpente aveva questa ambivalente fama. Perciò l’autore della Bibbia non crea nulla di nuovo, ma doveva in qualche modo spiegare sia l’origine del male che aveva devastato il suo popolo, sia – conseguentemente – la natura di questo strano animale costretto a strisciare per terra.
Oggi per noi il serpente ha quasi del tutto perduto tutta questa carica simbolica, perché esso è semplicemente l’animale che vediamo negli zoo, dietro ad una teca di vetro. Tuttavia, ancor oggi esso evoca sempre qualcosa di subdolo, un fascino sottile, legato all’ambiente di confine – tra terra e mare, tra noto e ignoto, tra conscio e in inconscio – che esso rappresenta.
Il serpente: un animale maledetto?
Dio dunque ha veramente maledetto questo animale, che forse in un periodo precedente non strisciava per terra? Certamente no! La maledizione divina era per l’autore della Genesi la spiegazione del fatto che il serpente era costretto a strisciare e di tutto ciò che ai suoi occhi esso già rappresentava.
Le maledizioni e le benedizioni, infatti, ricorrono spesso nella Bibbia. Per esempio il cap. 27 del Deuteronomio ne è pieno. Era un’interdizione, una etichetta posta su un atteggiamento o un comportamento particolarmente abbietto agli occhi degli autori. Abietto e spregevole perché maledetto da Dio e non viceversa!
La Bibbia NON E’ parola di Dio nel senso che Egli ha dettato un libro e qualcuno ha trascritto. La Bibbia è parola degli uomini che vivevano in un certo contesto storico e che in quel contesto storico facevano una certa esperienza di Dio.
Ciò che veramente qui viene ‘maledetto’ è l’origine di ogni naufragio umano, come quello dei primi due uomini. La maledizione riguarda l’angoscia e i suoi sinistri ed immateriali rappresentanti, tra cui il ‘serpente’. Ma l’animale, in quanto tale, è una delle creature di Dio riguardo alle quali Egli disse che era cosa buona (Gen 1,25).