Poi il Signore Dio piantò un giardino in Eden, a oriente, e vi collocò l’uomo che aveva plasmato.
(Genesi 2,8)
Ad Oriente
Perché l’autore dà un’indicazione geografica così imprecisa? “Ad oriente”. Probabilmente, chi scriveva sapeva evidentemente di trovarsi ad occidente, rispetto al supposto luogo geografico dove si trovava il giardino dell’Eden.
Gli esegeti, di solito, interpretano questa indicazione come indizio del luogo in cui si trovava l’autore del capitolo 2. Partendo, infatti, dalla comune identificazione dell’Eden – nel corso del Medio Eufrate – chi scriveva doveva trovarsi ad Occidente, presumibilmente nella Giudea, ormai abbandonata e devastata, dopo l’invasione del re babilonese Nabucodonosor, nel 587 a.C.
Tuttavia, “ad oriente” rappresenta assai più di una semplice indicazione geografica. L’oriente rappresenta l’origine – dal latino “oriens” – poiché è da quel punto geografico che sorge il sole.
Rappresenta, perciò, la méta e il desiderio del cuore umano, che anela ad un luogo in cui realizzare i propri sogni, in cui essere veramente se stessi; un luogo in cui rinascere e darsi nuove possibilità.
Il giardino
Proprio ad oriente, nella regione di Eden, il Signore Dio piantò un giardino. Quest’ultima parola, in aramaico, è pardes (פַּרְדֵס) ed è proprio da qui che discende la nostra parola “paradiso”.
Eden, invece, è una parola ebraica (עֵדֶן) che significa “delizia, piacere”. Dall’accostamento di queste due parole “paradiso” e “delizia” che deriva l’immagine così così radicata in tutti noi del “paradiso terrestre” come un luogo di piaceri, bellezza e in cui non si lavora. Come vedremo, però, la realtà sarà invece ben diversa.
Ad ogni modo, fu lì, nel “giardino dell’Eden” che il Signore Dio volle porre l’uomo che aveva appena creato adàm (אָדָם). Dio, dunque, non lasciò l’uomo nella terra primordiale da cui era stato tratto (Gen 2,7), ma volle espressamente collocarlo nel paradiso. E il testo della Genesi, lo ripete per ben due volte (cfr. Gen 2,8 e 2,15).
La presenza di Dio
Questa insistenza rivela la precisa volontà divina di far vivere l’uomo in un luogo e in una situazione a lui congeniali. L’Eden era il luogo in cui Dio stesso dimorava, il suo giardino (cfr. Ezechiele 28) e, perciò, ponendovi l’uomo, volle che egli stesse insieme a Lui, vivendo alla sua presenza.
La creatura di “terriccio” che respirava l’aria stessa di Dio non poteva vivere altrove, se non nel luogo dove viveva Colui dal quale ricevette la stessa vita.
Anzi, una certa lettura del testo ebraico originale permette persino di dire che il Signore Dio piantò il giardino dell’Eden PER porvi l’uomo che aveva creato.
E se l’Eden doveva essere una fertile regione della Mesopotamia, il giardino che Dio piantò era una “delizia nella terra delle delizie”. Tutto ciò per dire che l’immagine di Dio offerta dall’autore è quella di un essere pieno di premure e di amore per la creatura che aveva plasmato con le sue mani.
Il desiderio di abitare l’Eden
Questa dichiarata volontà divina lascia intravedere però anche il desiderio tutto umano di chi scrisse queste righe.
Il povero agricoltore palestinese non poteva arrendersi al fatto che la terra promessa ai padri fosse quella in cui viveva ogni giorno, desolata e distrutta, senza Tempio di Gerusalemme e senza speranza.
No! Dio, all’inizio, volle che l’uomo abitasse una terra di delizie – ad oriente – ossia lontano dalle fatiche e dalle sofferenze di ogni giorno, che ai suoi occhi avevano una causa precisa …