Il termine “canone” – κανών “kanon” in Greco che significa “canna” per misurare – si riferisce all’insieme degli scritti considerati sacri e ispirati da Dio all’interno di una certa religione.
La formazione del Canone delle Scritture ebraiche non fu un processo coevo alla formazione dei testi stessi, ma piuttosto un riconoscimento successivo da parte della Tradizione della divina ispirazione dei testi che sarebbero stati inclusi nella Bibbia ebraica.
Non abbiamo informazioni storiche dettagliate sulle singole tappe di questo processo, ma è evidente che la storia si intreccia con la tradizione di fede.
Storia del canone ebraico
Nel Prologo del Siracide – cap. 1, vers. 1 – si fa menzione di una suddivisione delle Scritture in tre parti: la Legge (Torah), i Profeti (Nevi’im) e gli Scritti (Ketuvim), che sono diventati la base della tradizione ebraica. Questa divisione è stata adottata anche in alcune parti del Nuovo Testamento.
Flavio Giuseppe, qualche secolo dopo, fornisce una testimonianza più esplicita del canone ebraico, elencando i libri considerati ispirati, 22 in totale. Questi includono i cinque libri di Mosè, i libri dei Profeti suddivisi in anteriori e posteriori, e gli Scritti, che comprendono i libri sapienziali.
Una decisione ufficiale sul Canone ebraico potrebbe essere stata presa in un sinodo rabbinico a Jamnia – I sec. d.C. – dopo gli eventi legati alla distruzione di Gerusalemme e alla diffusione del Cristianesimo.
Le discussioni sul canone portarono anche all’esclusione di alcuni libri, come quelli presenti nella Septuaginta (LXX) ma non nel Canone ebraico, come Tobia, Giuditta, 1 e 2 Maccabei, Baruc, l’epistola di Geremia, Siracide e Sapienza.
Questi libri, scritti in Greco, furono esclusi in parte a causa della loro associazione con la LXX, che era infatti ampiamente utilizzata nel cristianesimo nascente.
Protocanonici e deuterocanonici
Dopo il Concilio di Trento, nel XVI secolo, fu usato il termine “protocanonici” per indicare i libri del canone accettati all’unanimità da Cattolici e Protestanti, mentre il termine “deuterocanonici” indicava i libri non accettati da tutti.
I primi sono: Genesi, Esodo, Levitico, Numeri, Deuteronomio, Giosuè, Giudici, Rut, I e II Samuele, I e II Re, I e II Cronache, Esdra, Neemia, Ester, Giobbe, Salmi, Proverbi, Ecclesiaste, Cantico dei cantici, Isaia, Geremia, Lamentazioni, Ezechiele, Daniele, Osea, Gioele, Amos, Abdia, Giona, Michea, Naum, Abacuc, sofonia, Aggeo, Zaccaria, Malachia.
I secondi: Ester greco, Giuditta, Tobia, Primo e Secondo libro dei Maccabei, Sapienza, Siracide, Baruc, Lettera di Geremia, supplementi a Daniele.
Una disposizione concentrica
La disposizione dei libri nella Bibbia ebraica riflette la loro importanza. La Torah, i primi cinque libri, occupa un posto centrale e viene letta continuativamente nelle sinagoghe.
I Neviim, i Profeti, seguono per commentare la Torah, mentre gli Scritti, i Ketuvim, sono posti più lontano e includono riferimenti alla costruzione del Tempio, simboleggiando sia un legame con il passato che una speranza per il futuro.