Il capitolo tredicesimo del libro dei Numeri narra che, su comando divino, Mosè invia dodici esploratori, uno per ciascuna tribù di Israele, per osservare la terra di Canaan. Dopo quaranta giorni, gli esploratori ritornano con report di una terra fertile ma abitata da figure imponenti e temibili, che suscitano paura e dissenso tra gli Israeliti.
Descrizione dei giganti e impatto psicologico
«vi abbiamo visto i giganti, figli di Anak, della razza dei giganti, di fronte ai quali ci sembrava di essere come locuste e così dovevamo sembrare a loro»
(Numeri 13,33)
Questa testimonianza degli esploratori non solo segnala la presenza di giganti (נְפִילִים – “nefilim”), ma trasmette anche un profondo senso di inferiorità e terrore che permea il campo israelita.
Origini e identità dei nefilim
Il termine “nefilim” appare per la prima volta in Genesi (6,4), descrivendo esseri di grande statura e forza, figli degli “angeli” (letteralmente “figli di ‘elohim” e delle “figlie degli uomini”. La parola deriva dalla radice ebraica “nfl”, che significa “cadere”, suggerendo un’origine celestiale o una natura tirannica. Sono stati interpretati sia come angeli caduti sia come tiranni terreni.
I figli di Anaq e le oro radici storiche
I figli di Anak sono specificatamente menzionati come parte dei Nefilim. Anaq stesso è una figura poco chiara, con una progenie caratterizzata da una statura eccezionale.
Storicamente, potrebbero essere stati un gruppo etnico realmente esistito, noto per la loro altezza e forza fisica, che viveva nella regione di Ebron (cfr. Dt 9,2). L’associazione con i Nefilim potrebbe derivare da questa imponente statura fisica e dalla loro reputazione di essere invincibili, facendo sì che fossero visti come discendenti di questi esseri mitologici.
Implicazioni culturali e teologiche
La narrazione dei nefilim e dei figli di Anak serve per sottolineare l’imponenza della sfida che gli Israeliti percepivano nell’occupare Canaan, magnificando la natura miracolosa delle loro vittorie future sotto la guida divina. Simbolicamente, questi giganti rappresentano non solo barriere fisiche ma anche ostacoli spirituali e psicologici, riflettendo i temi di prova della fede e di leadership in un contesto di crisi.
Sono gli ostacoli che percepiamo e sentiamo davanti a noi, quando stiamo per superare barriere e limiti mentali che sembrano insormontabili. Ciò genera paura che però dev’essere affrontata se vogliamo crescere come uomini e donne all’altezza della propria natura spirituale ed umana.
Certo, affrontare “paure gigantesche” – che spesso sono collegate a divieti morali o dogmatici – comporta anche assumersi dei rischi concreti, ma ciò fa parte dell’evoluzione personale. Se restiamo sempre al di qua di qualsiasi paura o rischio, non vivremo mai una vita degna di questo nome e non entreremo mai nella terra promessa dove scorrono “latte e miele”, ossia abbondanza e prosperità di ogni genere.