Sono chiamati pesharim – da pashar verbo ebraico (פָּשָׁר) che significa dividere, separare – e si tratta di veri e propri commentari biblici.
Come si interpretava la Bibbia a Qumran?
Il metodo seguito è il seguente: viene scelto un particolare libro della Bibbia, da cui viene citato alla lettera un certo testo che ha – secondo l’autore – un senso compiuto; di questo brano viene poi fornita un’interpretazione asciutta ed essenziale. Tuttavia non si tratta di un semplice commento biblico, come quelli che troviamo in un moderno commentario.
Nel libro biblico di Daniele (2,4; 5,7) si parla dell’abilità del profeta nell’interpretare il senso misterioso e nascosto dei sogni e dei simboli in essi contenuto che va ben oltre il significato semplice delle parole. Forse gli uomini di Qumran – gli Esseni – si ispiravano proprio a questo modello di profezia e intendevano fare proprio questo con il termine pesher.
Partendo dalla consapevolezza di vivere negli ultimi tempi, l’autore dei pesharim riconoscevano nei testi biblici i segni per riconoscere ciò che accadeva nel presente, od anche nel passato, per capire però anche le tendenze future.
Oggi la potremmo chiamare esegesi attualizzante, ma senza la preoccupazione di capire qual era l’intenzione originale dell’autore biblico da cui dipende, ovviamente, il messaggio che quel testo vuol comunicare. Di seguito vediamo un esempio tratto dal pesher di Abacuc (o Commento ad Abacuc – siglato come 1QpAb).
L’interpretazione qumranica di Abacuc
Il profeta Abacuc, visse tra il 650 e il 600 a.C. e fu inviato da Dio per avvisare i Giudei che prestò sarebbero stati attaccati e distrutti dai Babilonesi (i Caldei).
Per l’autore del pesher, i Caldei erano rappresentati ai suoi tempi dai Kittim (cfr. Gen 10,4) – ossia i Romani – che avrebbero compiuto la vendetta contro gli ambienti corrotti di Giuda da cui gli Esseni di Qumran si erano distaccati. In uno dei brani di Abacuc si narra proprio a chiare lettere il dissidio che portò alla separazione da Gerusalemme:
«Guai a colui che fa bere al suo prossimo versando su di lui la sua collera fino a inebriarlo per contemplare le loro feste».
L’interpretazione si riferisce al sacerdote empio, che ha perseguitato il maestro di giustizia, inghiottendolo nell’irritazione della sua collera;nella casa del suo esilio e al tempo della festa del riposo, nel giorno dell’espiazione, egli apparve loro per inghiottirli e per rovesciarli nel giorno del digiuno, nel sabato del loro riposo.
1QpAb XI, 2-8
Qui il dissidio che portò alla separazione del maestro di giustizia da Gerusalemme, dove vivevano i sacerdoti empi – ossia i Sommi sacerdoti non sadociti – è un po’ sullo sfondo di un altro drammatico evento in cui il sacerdote empio cercò evidentemente di uccidere il maestro di giustizia che già era in esilio,
prendendolo alla sprovvista in un giorno di riposo assoluto come quello dello Yom Kippur, il giorno dell’espiazione, la festività più importante del calendario ebraico. Ma anche dentro la stessa comunità di Qumran c’erano dei traditori dei quali si parla in un altro brano:
«Guardate le genti e osservate, inorridite e ammutolite, perché nei vostri giorni si compirà qualcosa, che non credereste se fosse narrata». (Abacuc 1,5)
L’interpretazione del passo si riferisce a coloro che hanno tradito con l’uomo di menzogna poiché non hanno creduto alle parole del maestro di giustizia di Dio, e a coloro che hanno tradito il nuovo patto poiché non hanno creduto al patto di Dio ed hanno profanato il suo santo nome.
L’interpretazione del passo si riferisce ugualmente a coloro che tradiranno alla fine dei giorni. Costoro sono i violenti che infrangono il patto, che non crederanno allorché udranno tutte le cose che accadranno all’ultima generazione della bocca del sacerdote nel cuore del quale Dio ha posto intelligenza per interpretare tutte le parole dei suoi servi, i profeti, per mezzo dei quali Dio ha annunziato tutte le cose che accadranno al suo popolo e alla sua terra…
(1QpAb I,17-II,10)
L’uomo di menzogna
È un vero mistero capire chi sia questo misterioso uomo di menzogna (cfr. Prov 19,22). Alcuni lo identificavano con Giovanni Ircano I, che – successore dei Maccabei – si era arrogato la carica di Re e di Sommo sacerdote, benché non fosse discendente di Davide, né del casato sacerdotale di Sadok.
Altri pensano che si tratti invece di uno che ha tradito la setta stessa degli Esseni che si definivano come nuovo patto (cfr. Ger 31,31) e che ha preferito invece aderire alla politica corrotta ed eretica degli Asmonei, i successori appunto dei Maccabei.
Il testo parla di coloro che hanno tradito e cioè quegli Esseni – o membri stessi della comunità di Qumran – che hanno seguito l’uomo di menzogna, rifiutando l’interpretazione della Scrittura che si faceva a Qumran.
Come si nota, il commento si riferisce sia ad un evento accaduto nel presente o forse nel passato sia a qualcosa che accadrà in futuro, alla fine dei giorni. Gli esseni di Qumran, credevano di trovarsi in prossimità della fine, perciò si tratta di eventi non posti in un futuro così lontano, a mio avviso.
Allora, si ripeterà ciò che era accaduto in passato, ossia vi saranno coloro che tradiranno il patto – ossia gli insegnamenti di Qumran – nonostante apprenderanno tutto ciò che accadrà e che confermeranno ciò che era stato profetizzato dal sacerdote.
(Testo di riferimento, oltre a quello di Luigi Moraldi, già citato, quello di James C. Vanderkam, I Manoscritti di Qumran, Città Nuova 1997)
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