La parola ebraica per profeta è “naviʾ” (נָבִיא), generalmente considerata un prestito dall’accadico “nabū, nabāʾum”, che significa “proclamare, menzionare, chiamare, convocare”. In ebraico si trovano anche le parole “ḥozeh” (חֹזֶה) e “roʾeh” (רֹאֶה), entrambe con il significato di “veggente”.
Storia della profezia più antica
Sebbene le origini della profezia israelita siano state ampiamente discusse, le prove testuali non forniscono informazioni su cui basare una ricostruzione.
Quando gli Israeliti si stabilirono in Canaan, entrarono in contatto con forme di profezia cananea. La struttura della funzione profetica e sacerdotale era molto simile in Israele e in Canaan.
Tradizionalmente, si ritiene che il veggente israelita abbia avuto origine dalle radici nomadi di Israele, mentre il “naviʾ” si ritiene sia originato in Canaan, anche se tali giudizi sono virtualmente impossibili da confermare. Nelle prime fasi della storia israelita, il veggente appare di solito da solo, mentre il “naviʾ” appare nel contesto di un cerchio profetico.
Secondo il primo libro di Samuele, non c’era differenza tra le due categorie in quel periodo iniziale; i termini “naviʾ” e “roʾeh” sembrano essere sinonimi. In Amos “ḥoze” e “naviʾ” vengono utilizzati per indicare la stessa persona. In Israele, i profeti erano collegati ai santuari.
Nel libro di Geremia si dice che il sommo sacerdote di Gerusalemme supervisionava sia i sacerdoti che i profeti e che questi ultimi avevano appositi spazi nei templi. Nel periodo pre-esilico – prima del 587/586 a.C. – i gruppi profetici erano una realtà sociale importante quanto i sacerdoti.
Isaia include il “naviʾ” e il קוֹסֵם “qosem” (“indovino”) tra i leader della società israelita. La divinazione nel periodo pre-esilico non era considerata estranea alla religione israelita.
I profeti Samuele, Gad, Natan ed Elia (XI-IX secolo a.C.) rappresentano una fase di transizione dal cosiddetto profetismo volgare al profetismo letterario, che alcuni studiosi ritenevano rappresentasse una forma più etica e quindi “superiore” di profezia.
La profezia classica
L’emergere della profezia classica in Israele (nel regno settentrionale) e in Giuda (nel regno meridionale) inizia con Amos e Osea (VIII secolo a.C.).
Quello che è nuovo nella profezia classica è la sua attitudine ostile verso le influenze cananee nella religione e nella cultura, combinata con una vecchia concezione nazionalistica di Yahweh e del suo popolo.
Fondamentalmente, i profeti classici volevano il rinnovamento del culto di YHWH, liberandolo da ogni contaminazione del culto di Baal e Asherah (la controparte femminile di Baal). Anche se non tutti gli aspetti del culto di Baal-Asherah furono completamente eradicati, le idee e i rituali di quel culto furono ripensati, valutati e purificati secondo il concetto di vero yahwismo.
Incluse in tali idee c’era la visione che YHWH fosse un Dio geloso che, secondo la teologia dei salmi, era più grande di ogni altro dio. YHWH aveva scelto Israele come suo popolo e, quindi, non desiderava condividere il suo popolo con nessun altro dio.
Quando i profeti condannavano i fenomeni cultuali, tale condanna rifletteva un rifiuto di certi tipi di culto e sacrificio, ovvero quelli diretti non esclusivamente a YHWH, ma piuttosto ad altri dèi. I profeti classici non rifiutavano tutti i culti, in sé; piuttosto, volevano un culto dedicato esclusivamente a Yahweh e copn un risvolto esistenziale.
Un altro concetto importante nei profeti classici, era quello della scelta di YHWH di Zion (Gerusalemme) come luogo del suo culto. Pertanto, ogni luogo di culto del regno settentrionale di Israele e tutti i santuari e i “bamot” (“luoghi alti”) furono duramente condannati, sia in Israele che in Giuda.
I profeti dell’antico Medio Oriente generalmente inserivano le loro opinioni e consigli nell’arena politica dei loro paesi, ma in questo senso i profeti ebraici classici erano forse più avanzati di altri movimenti profetici.
Interpretavano la volontà di Dio nel contesto della loro particolare interpretazione della storia di Israele e, sulla base di quella interpretazione, spesso giungevano a una parola di giudizio.
Importante per quella interpretazione della storia era la visione che Israele fosse un popolo apostata, che aveva rifiutato una fede una volta confessata, fin dai tempi più antichi, e la visione che le azioni di Yahweh a favore del suo popolo eletto erano state ricambiate con il loro culto di altri dèi.
In tale situazione, i profeti predicavano la rovina e il giudizio, e persino la completa distruzione di Israele. La fonte dell’intuizione profetica su tali questioni è il contesto cultuale del giudizio e della salvezza liturgica, in cui YHWH giudicava e distruggeva i suoi nemici e, facendo ciò, creava il futuro “ideale”.
Quello che è del tutto inaspettato è che i profeti avrebbero spinto la cosa al punto di includere Israele stesso tra i nemici di YHWH, usando così quelle idee contro il loro stesso popolo. Tuttavia, di solito i profeti lasciavano qualche base per la speranza in un resto che sarebbe rimasto.
Il futuro di quel resto – in eb raico שְׁאָר (she’ar) – era rappresentato dal regno di un re ideale e messianico. Anche se spesso si opponevano ai singoli re, i profeti non opponevano YHWH a un re o dinastia da Lui designati.
Durante e dopo l’esilio
Con l’Esilio dei giudei a Babilonia nel 586 a.C., la profezia entrò in una nuova era. Le profezie del Deutero-Isaia (Isaia 40-45), ad esempio, miravano a preservare lo Yahwismo in Babilonia.
La sua visione del futuro andava oltre il concetto pre-esilico di un resto e estendeva il concetto a un futuro paradisiaco in cui la nuova creazione di Yahweh sarebbe stata una nuova Israele.
Quel tono di ottimismo continuò nell’attività profetica – fine del VI secolo a.C. – di Aggeo e Zaccaria, profeti che annunciavano come YHWH avrebbe riportato Gerusalemme ai suoi fasti antichi.
Prerequisito per quell’età messianica era la ricostruzione del Tempio. Tuttavia, quando il Tempio fu ricostruito – 515 a.C. – il regno messianico non arrivò e conseguentemente il fenomeno profetico classico iniziò a dcelinare.
I nuovi interessi profetici si spostarono dal presente al futuro, ai cosiddetti “ultimi tempi”. Nacque così la corrente apocalittica, che descriveva l’intervento di Dio nella storia accompagnato da eventi drammatici e catastrofici, come per esempio nel profeta Daniele.
Perché la profezia scomparve in Israele è difficile determinare, ma Zaccaria offre una risposta plausibile dicendo che nel passato i profeti, pur annunciando cose vere, non furono ascoltati (cap. 1) rendendo vane quelle stesse profezie.
Dopo Malachia nessuno raggiunse lo status dei profeti classici. Un’altra ragione della scomparsa della profezia potrebbe essere la riforma del culto da parte di Esdra nel V secolo a.C., in cui lo yahwismo fu così fermamente stabilito che non vi era più alcun bisogno delle vecchie polemiche contro la religione cananea.