In Italiano, abbiamo due verbi distinti per descrivere l’azione di parlare e quella di parlare tra sé. Il primo è dire, il secondo è pensare. Anche in Ebraico, abbiamo due verbi, uno per “dire” (אָמַר – ‘amar) e uno per pensare (חָשַׁב – chashav).
Tuttavia, quest’ultimo verbo, quando applicato a Dio, non significa propriamente “pensare”, bensì “progettare, imputare, riconoscere”.
Tuttavia, in alcuni brani, è preferibile tradurre il verbo ‘amar con “pensare”, più che con “dire”. Se vogliamo essere precisi, in alcuni casi potremmo tradurre il verbo ‘amar con “dire tra sé e sé”.
Il racconto della creazione
La cosa diventa interessante quando si descrive l’azione non di un essere umano, bensì di Dio stesso, per esempio nel celeberrimo brano della creazione, in Genesi 1. Così leggiamo in Genesi 1,3:
וַיֹּ֥אמֶר אֱלֹהִ֖ים יְהִ֣י אֹ֑ור וַֽיְהִי־אֹֽור
wayyò’mer ‘Elohim yehi ‘or wayehu ‘or
‘Elohim disse/disse tra sé: «Sia la luce» e la luce fu.
La forma del verbo wayyò’mer è tipicamente ebraica e rappresenta la costruzione del verbo ‘amar più la וְ (we) iniziale che inverte il tempo del verbo. Siccome qui abbiamo un verbo al futuro יֹּ֥אמֶר (yo’mer – “dirà”), la presenza di we impone di leggere “disse”.
Come tradurre?
Ma come bisogna tradurre: disse o penso? Le due traduzioni sono in sé perfettamente legittime da un punto di vista grammaticale, ma se dovessimo scegliere? Occorre anzitutto immaginare la scena della creazione, più che spiegarla.
Qui ‘Elohim – che viene tradotto con Dio perché si segue solitamente la traduzione greca (θεὸς – Theoc) – è solo e se traducessimo “disse” dovremmo immaginare la presenza di altri esseri divini, cosa che – almeno qui – non è dato di avere (cfr. però Gen 1,26).
In altri brani della Bibbia ebraica – come in Giobbe 1,6-12 – Dio appare circondato da altri esseri divini (gli angeli), ma qui non essi non vengono, almeno esplicitamente, nominati. Quindi ‘Elohim è solo e se traducessimo ‘amar con “dire”, ne ricaveremmo l’immagine di un Dio che parla da solo.
L’intenzione divina
Molto più opportuna, a mio giudizio, la traduzione “disse tra sé e sé”, ossia ebbe l’intenzione di fare qualcosa, in questo caso “la luce”. Se accettiamo questa soluzione, allora tra il pensiero di ‘Elohim e la manifestazione esterna non esiste alcuna barriera, tanto che il versetto dice subito: «e luce fu».
Non si tratta di “pensare” così come intendiamo noi, ma di “dire delle parole interne” che però hanno un effetto immediato anche esternamente. Anche in altri punti del capitolo non è necessario tradurre ‘amar con “dire”, perché il verbo può essere tranquillamente tradotto con “dire tra sé e sé”.
È il caso di Genesi 1,26: «’Elohim disse tra sé: facciamo l’uomo … ». In tal caso, significherebbe che ‘Elohim avrebbe una natura quantomeno “multipla”, con la quale sta parlando. Non spingiamoci oltre, però, per non lasciarci ingabbiare da temi che esulano dalla Bibbia ebraica.
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