Secondo il racconto biblico, Iefte era il figlio illegittimo di Galaad, un uomo importante della tribù di Manasse. A causa della sua nascita illegittima, venne escluso dalla sua famiglia e scacciato dalla sua tribù. Iefte si rifugiò nella terra di Tob, dove si unì ad un gruppo di uomini scalcagnati che lo seguirono diventando un gruppo di briganti.
Tuttavia, quando gli Ammoniti attaccarono Israele, i capi della tribù di Galaad si resero conto della necessità di un comandante militare. Allora si rivolsero a Iefte, che accettò di aiutarli nella guerra contro gli Ammoniti a condizione che, se avesse vinto, sarebbe diventato il capo di Galaad (Gdc 11,1-8).
Egli pregò il Signore chiedendo aiuto e fece un solenne voto: se gli avesse dato la vittoria, avrebbe sacrificato come olocausto la prima persona che gli sarebbe uscita incontro al ritorno dalla battaglia.
Iefte sconfisse gli Ammoniti e, al suo ritorno a casa, fu accolto dalla sua unica figlia, che uscì incontro a lui con tamburelli e danze. Iefte fu sconvolto perché si rese conto di aver fatto un voto imprudente che lo obbligava a sacrificare sua figlia (Gdc 11,30-31).
Nonostante la tristezza e il dolore, Iefte mantenne il suo voto e sua figlia accettò il suo destino.
Prima della sua morte, la figlia chiese di avere due mesi di tempo per piangere la sua verginità, poiché non si sarebbe mai sposata o avuto figli. Il racconto termina affermando che ogni anno le donne di Israele commemoravano la figlia di Iefte per quattro giorni (Gdc 11,37).
L’insegnamento morale del racconto
Ecco alcune possibili interpretazioni:
- L’obbedienza verso Dio: Il racconto sottolinea l’importanza di obbedire a Dio e di adempiere ai voti fatti nei suoi confronti. Nonostante la crudeltà del sacrificio, Iefte ritiene di dover mantenere la promessa fatta a Dio, anche se ciò comporta una grande sofferenza personale.
- Il valore del sacrificio: Il racconto pone l’accento sul concetto del sacrificio personale in nome della fede o di un ideale superiore. Iefte sacrifica, anche se in modo tragico, per adempiere alla sua promessa e dimostrare la sua devozione a Dio.
- La critica ai voti precipitosi: Alcuni studiosi interpretano il racconto come una critica verso la pratica dei voti precipitosi. Iefte potrebbe essere visto come un personaggio tragico che cade vittima della sua stessa promessa irrazionale, sottolineando la necessità di considerare attentamente le conseguenze delle nostre azioni prima di fare giuramenti.
Si tratta di concetti lontani dal nostro modo di pensare e giustamente superati. Essi sono da situare nel contesto storico-letterario dell’epoca, quando in periodi di guerra era quasi tutto permesso.
Dio era il re e condottiero delle schiere israelitiche e come ogni altro re dell’epoca esigeva fedeltà assoluta. Solo in epoca più recente – intorno al VI secolo a.C. – questa idea così materiale e rude iniziò a stemperarsi, a favore di un’idea di Dio universalista e benevola.