Il punto debole del sistema è riconoscibile nelle pieghe della sua occulta natura. Infatti, il sistema di Babilonia la Grande condivide pienamente le caratteristiche della cultura che ne sta alla base e che, a sua volta, è l’espressione storica dell’oscuro e pluriforme mondo del male.
Non a caso, la Bibbia usa due parole per parlare delle tenebre: skòtos e skotìa. Anche se indicano approssimativamente la stessa realtà, tuttavia non va trascurato il fatto la Bibbia ne sottolinea la pluralità. Infatti, all’estremo opposto, non si parla mai di luci, ma solo di luce.
Il mondo del male
Un mondo, quello del male, che è quindi frammentario e rappresentato non da simboli, ma da molteplici funzioni: contrapporsi (satana), sedurre e tentare (tentatore), distruggere (asmodeo), mentire (mentitore).
Espletando queste funzioni, il mondo del male dà origine a un sistema costituito da persone, una sorta di sinistri funzionari, che volontariamente e progressivamente collaborano alla creazione di una realtà alternativa a quella di Dio. Funzionari tutti intenti ad autoincensarsi, corrotti e violenti, ma scrupolosamente dediti a dare un’immagine opposta a ciò che sono veramente.
Il sistema che essi rappresentano è trasversalmente presente in tutti gli ambienti sociali e, come già accennavamo, anche nella Chiesa.
Il mondo del male nella Chiesa
Anzi, proprio qui il mistero dell’iniquità si manifesterebbe in tutta la sua virulenza, avversando coloro che rappresentano la vera comunità fondata da Gesù Cristo, segno efficace del mondo di Dio tra gli uomini. Soprattutto perché, qui è presente quell’ostacolo che impedirebbe la piena e definitiva manifestazione dell’Anticristo: il VERO successore di Pietro.
Il fatto è che la natura segreta del mondo che essi rappresentano non caratterizza solo il sistema da essi rappresentato. A differenza, infatti, di coloro che osservano i comandamenti di Dio e sono in possesso della testimonianza di Gesù (cfr. Ap 12,17), codesti abili funzionari non sono uniti e coesi, poiché in realtà ciascuno spera di trarre dal sistema vantaggi e benefici personali.
Ciascuno è impegnato a diventare come Dio e, perciò, a sopraffare non solo i propri avversari, ma persino i propri colleghi. Proprio qui sta il principio della loro fine, così come l’Apocalisse la lascia intendere.(già detto)
Se le sette teste della prima bestia rappresentano l’impero romano (cfr. Apocalisse 17,9-11), le dieci corna sono dieci re:
«Le dieci corna che hai viste e la bestia odieranno la prostituta, la spoglieranno e la lasceranno nuda, ne mangeranno le carni e la bruceranno col fuoco»
Apocalisse 17,16
I poteri occulti rappresentati dai propugnatori del male entreranno sempre più in conflitto l’uno con l’altro, nel tentativo di imporsi.
Questa lotta intestina, alla prova del tempo, logora più chi la fa più che chi la subisce. Così la natura più pericolosa del mondo del male – quella di Asmodeo – si manifesterà non nella VERA Chiesa, ma nel sistema che si credeva potentissimo (cfr. infatti Apocalisse 18,7), attraverso l’autodistruzione: cadranno come birilli tutti i funzionari del sistema, gli stessi che si erano infiltrati anche nella Chiesa.
I cavalieri dell’Apocalisse
Sembra però che Dio, in tutto questo, c’entri ben poco. In parte ciò è vero ed è verificabile in un altro affascinante brano, quello in cui si parla dei fantomatici quattro cavalieri dell’Apocalisse:
Quando l’Agnello sciolse il primo dei sette sigilli, vidi e udii il primo dei quattro esseri viventi che gridava come con voce di tuono: «Vieni». Ed ecco mi apparve un cavallo bianco e colui che lo cavalcava aveva un arco, gli fu data una corona e poi egli uscì vittorioso per vincere ancora.
Quando l’Agnello aprì il secondo sigillo, udii il secondo essere vivente che gridava: «Vieni». Allora uscì un altro cavallo, rosso fuoco. A colui che lo cavalcava fu dato potere di togliere la pace dalla terra perché si sgozzassero a vicenda e gli fu consegnata una grande spada. Quando l’Agnello aprì il terzo sigillo, udii il terzo essere vivente che gridava: «Vieni».
Ed ecco, mi apparve un cavallo nero e colui che lo cavalcava aveva una bilancia in mano. E udii gridare una voce in mezzo ai quattro esseri viventi: «Una misura di grano per un danaro e tre misure d’orzo per un danaro! Olio e vino non siano sprecati». Quando l’Agnello aprì il quarto sigillo, udii la voce del quarto essere vivente che diceva: «Vieni».
Ed ecco, mi apparve un cavallo verdastro. Colui che lo cavalcava si chiamava Morte e gli veniva dietro l’Inferno. Fu dato loro potere sopra la quarta parte della terra per sterminare con la spada, con la fame, con la peste e con le fiere della terra.
Apocalisse 6,1-8
Presi nel loro insieme, i colori dei 4 cavalieri simboleggiano una dinamica che proviene da Dio, ma che poi trova realizzazione concreta attraverso e nella storia.
Il cavaliere bianco rappresenta ciò che appartiene al Signore. Secondo me, coinciderebbe con la categoria di «coloro che osservano i comandamenti di Dio e sono in possesso della testimonianza di Gesù» (cfr. Apocalisse 12,17).
Con la loro vita e le loro opere suscitano scompiglio all’interno degli ambienti in cui si è perniciosamente infiltrata la cultura rappresentata dalla prima bestia. Sia pur marginalizzati o perfino martirizzati essi comunque innescano una dinamica che non può essere arrestata. (già detto)
Il cavaliere rosso rappresenta allora il subbuglio che si crea laddove viene smascherato il presunto pacifismo e la falsità dei funzionari del sistema che operano nella società e anche nella Chiesa. Il cavaliere nero corrisponde invece alla morte, ossia il crollo vero e proprio del sistema e l’inevitabile ma necessaria penuria di beni che gli uomini sperimenteranno allora.
Questa sarà però l’occasione per recuperare una concezione diversa di se stessi e del proprio rapporto con Dio. Il cavaliere verdastro rappresenta infine la putrefazione del sistema e dei suoi funzionari, che saranno risucchiati in quel caos infernale da cui proveniva.