TESTO EBRAICO:
וַיְכֻלּ֛וּ הַשָּׁמַ֥יִם וְהָאָ֖רֶץ וְכָל־צְבָאָֽ – waykullu hashamàyim weha’àrets wekol-tseva’am
וַיְכַ֤ל אֱלֹהִים֙ בַּיֹּ֣ום הַשְּׁבִיעִ֔י מְלַאכְתֹּ֖ו אֲשֶׁ֣ר עָשָׂ֑ה וַיִּשְׁבֹּת֙ בַּיֹּ֣ום הַשְּׁבִיעִ֔י מִכָּל־מְלַאכְתֹּ֖ו אֲשֶׁ֥ר עָשָֽׂה – wayekal ‘Elohim bayyom hashevi’i mela’kto ‘asher ‘asah wayishbot bayyom hashevi’i mikkol-mela’kto ‘asher ‘asah
וַיְבָ֤רֶךְ אֱלֹהִים֙ אֶת־יֹ֣ום הַשְּׁבִיעִ֔י וַיְקַדֵּ֖שׁ אֹתֹ֑ו כִּ֣י בֹ֤ו שָׁבַת֙ מִכָּל־מְלַאכְתֹּ֔ו אֲשֶׁר־בָּרָ֥א אֱלֹהִ֖ים לַעֲשֹֽׂות – wayvarek ‘Elohim ‘et-yom hashevi’i wayqaddesh ‘oto ki vo shavat mikkol-mela’kto ‘asher-bara’ ‘Elohim la’asot
אֵ֣לֶּה תֹולְדֹ֧ות הַשָּׁמַ֛יִם וְהָאָ֖רֶץ בְּהִבָּֽרְאָ֑ם – ‘èlleh toledot hashamayim weha’àrets behibbare’am
(Genesi 2,1-4a)
TRADUZIONE:
Così furono portati a compimento il cielo e la terra e tutte le loro schiere.
Allora Dio, nel settimo giorno portò a termine il lavoro che aveva fatto e cessò nel settimo giorno da ogni suo lavoro.
Dio benedisse il settimo giorno e lo consacrò, perché in esso aveva cessato da ogni lavoro che egli creando aveva fatto.
Queste le origini del cielo e della terra, quando vennero creati.
***
Il v.1 è una sorta di prima chiusura del primo racconto della creazione (cfr. anche 2,4a … Queste le origini del cielo … ).
Cosa sono le schiere del cielo?
Di particolare interesse è, rispetto a Genesi 1,1 – In principio Dio creò il cielo e la terra – che al merisma “cielo e terra” si aggiunga la specificazione e tutte le loro schiere.
La parola schiera in ebraico è tsebà‘ (צְבָאָֽ) e può indicare sia le schiere celesti degli angeli, che anche gli schieramenti militari, ossia gli eserciti.
Qui l’espressione indica che non fu creato solo il cielo e la terra, ma anche tutto ciò che vi si trova, angeli e uomini compresi. Ritengo perciò adatta la traduzione: il cielo e la terra e i loro mondi, ossia tutto ciò che appartiene ed abita il cielo e tutto ciò che appartiene ed abita la terra.
Il settimo giorno: lo shabbat
Il settimo giorno. Il numero sette ha una forte valenza simbolica. Indica la totalità e, in questo caso, una successione od azione completa, poiché dopo aver lavorato per sei giorni, si giunge al settimo che rappresenta il coronamento del lavoro svolto da Dio.
Ora però la parola ebraica che corrisponde al numero sette – shevà’ (שֶׁבַע) – ha un suono simile al tema centrale di questi versetti, cessare dal lavoro, riposarsi, in ebraico shavàt (שָׁבַת֙).
L”autore lega così strettamente il settimo giorno al tema del riposo di Dio, da cui deriva poi il giorno di settimo giorno. Inoltre, nel suo insieme, il testo della creazione, è inserito nella struttura settenaria della settimana.
Viene da chiedersi quando sia sorta, in Israele, la coscienza della scansione temporale ebdomadaria con lo shabbat come suo culmine. L’origine remota è però lontana dalla Giudea e va probabilmente rintracciata nella cultura mesopotamica, dove il calendario si basava sulle fasi lunari che determinavano la lunghezza di un mese.
Se un mese lunare durava all’incirca 28 giorni, allora esso doveva essere composto da quattro periodi di 7 giorni e dunque da una settimana. All’interno di questo calendario, il settimo giorno era chiamato shibutum ed indicava semplicemente il quarto di luna crescente.
Solo molto più tardi ed in ambiente giudaico, esso assunse il valore rituale, diventando lo shabbat. Tuttavia, come in Babilonia, anche in Giudea, la struttura settenaria col sabato come compimento ha sempre un aggancio o riferimento cosmologico, ossia a Dio (o agli dei) e a ciò che Egli fa nel corso del tempo.
Tra Babilonia e Giudea
Tuttavia, i giudei sottrassero dalla struttura ebdomadaria ereditata dalla cultura babilonese il carattere mitologico, poiché nel racconto della creazione, gli astri non sono divinità, come in oriente.
Inoltre, alla ciclicità del tempo presente in Babilonia – legata ai cicli della natura – e in altre culture antiche, i Giudei preferiscono la struttura finalistica del tempo: il lavoro e le attività umane mirano verso il settimo giorno, verso cioè un compimento.
Infine, la settimana viene completamente spogliata dei riferimenti alle fasi lunari su cui il calendario babilonese era invece imperniato, anche se nella Bibbia sono presenti ancora degli accenni ad una festa mensile dello shabbat legata al plenilunio (cfr. Os 2,13; Am 8,5; Is 1,13).
Si pensa che il tema del sabato presente in Dt 5,12-15 – il secondo comandamento – abbia preceduto la formulazione ebdomadaria presente nella Genesi. Dal Deuteronomio deriverebbe così l’elemento teologico del settimo giorno come vertice della settimana. D’altra parte, il testo del secondo comandamento presente in Esodo 20,8-11 sarebbe posteriore sia al Deuteronomio che a Genesi.
Significato teologico del sabato
Il settimo giorno non è da intendere come giorno di ozio. Il giorno di sabato è fecondo del compimento di Dio che si esprime in esso e che è indicato dal verbo barak (וַיְבָ֤רֶךְ) ossia “benedire”. Il verbo qadash (וַיְקַדֵּ֖שׁ) – “santificare” – rivela invece che lo shabbat appartiene a Dio.
In tal senso c’è un sabato di Dio e un sabato dell’uomo. Il sabato – o riposo – di Dio è quello finale, del compimento della storia. Il sabato dell’uomo è un’anticipazione rituale di tale compimento. In tal senso, probabilmente, è da intendere il riposo di Dio di cui si parla in Ebrei 4.
Lo schema 6+1 torna anche in un testo assai importante, Es 24,12-18. In esso, Dio ordina a Mosè di salire sul monte e per sei giorni la nube copre il monte. Nel settimo giorno YHWH chiama Mosè e parla con lui. Il settimo giorno è perciò quello dedicato al dialogo con Dio e dove Dio manifesta la sua gloria – in ebraico kavod – come viene infatti indicato ai versetti 17-18 di Esodo 24.
Da tutto ciò emerge che lo shabbat – così come lo si concepiva nella Giudea alla fine del VI sec. a.C. – era un giorno di riposo e di lode. Riposo come anticipo del riposo finale nella gloria di Dio, lode come risposta alla manifestazione della sua gloria.