Allora l’uomo disse:
«Questa volta essa
è carne dalla mia carne
e osso dalle mie ossa.
La si chiamerà donna
perché dall’uomo è stata tolta».Genesi 2,23
Pare proprio un’esclamazione quella di Adamo: «Ah Finalmente … !». Finalmente Adamo ha trovato un essere, diverso dagli animali, con il quale sia possibile condividere ciò che egli è nel profondo. Un essere grazie al quale può finalmente abbattere il muro dell’isolamento in cui si trovava.
L’essere umano creato da Dio è in grado di entrare in comunione con Adamo perché è “carne della sua carne e osso delle sue ossa”. Ossa e carne, proprio come la costola di Adamo. L’essere umano che accompagnerà Adamo nel corso della sua vita è, cioè, fatto della sua stessa “pasta”.
Non solo, però. Quell’essere appena creato è in grado di comunicare come lui, di muoversi come lui, di assumere tutte le sue espressioni facciali, per fargli capire quando soffre, quando gioisce, quando è arrabbiato o quando è calmo.
Si tratta, a ben vedere, di una complementarietà ben più profonda di quella derivante dalla carne. Ed infatti “carne” (in Ebr. בָּשָׂר – basàr) non significa solo pelle, muscoli, grasso e nervi, ma molto di più. È la capacità di esprimere fuori ciò che si è dentro, proprio attraverso il corpo che è, fondamentalmente, messaggero dell’anima.
La lingua ebraica per indicare una complementarietà così profonda e completa gioca su due parole dal suono quasi identico ish (in Ebr. אִישׁ) ishàh (in Ebr. אִשָּׁה) Queste due parole sono di solito tradotte con “uomo” e “donna”, anche se in realtà andrebbero piuttosto tradotte con “compagno” e “compagna”.
Questi due termini si somigliano come le due parole ebraiche si somigliano. Uomo e donna, invece, evocano troppe cose e sono foneticamente assai diverse tra loro. Compagno e compagna, perché Adamo e l’essere che Dio gli ha posto a fianco rappresentano due individui separati, ma anche potenzialmente uniti da una profonda comunione di intenti.
Ed anche se la Bibbia dice “dall’uomo è stata tolta” ciò non significa che la donna deriva dall’uomo in una posizione a lui subalterna.
Anzi, la parola ishàh (compagna) è linguisticamente più piena rispetto a ish (compagno). È come se dall’uomo derivasse qualcosa che è più grande di lui, perché quell’essere è in grado di fare una sintesi tra i due e questa sintesi si chiama con una sola parola: rapporto d’amore!