Nella Lingua italiana, il nome può trovarsi in due condizioni: singolare e plurale. Questo stato del nome, viene comunemente chiamato “numero” del nome. Normalmente, in nessuna scuola elementare, media o superiore viene insegnato che esiste anche un altro stato del nome: il duale.
Se il singolare indica l’unità (per esempio una mela) e il plurale indica una pluralità (le mele), il duale indica quelle cose che naturalmente si trovano in coppia, come per esempi: due piedi, due occhi, due orecchie e così via.
Il duale in Ebraico
Nelle grammatiche della Lingua ebraico biblica, questo numero del nome viene esplicitamente menzionato, accanto al singolare e al plurale. Perciò abbiamo:
רֶגֶל (règel) un piede (singolare)
רַנְלָ֑יִם (raglàyim) due piedi (duale)
Non esiste, per queste parti del corpo naturalmente appaiate, l’espressione che usiamo in Italiano: i piedi, perché in Ebraico per questa categoria di nomi, c’è solo il duale, che si riconosce dalla finale -ayim (raglàyim).
Così anche per il nome:
עַיִן (‘àyin) occhio (singolare)
עֵינַיִם (‘enàyim) due occhi (duale)
E non gli occhi, come diciamo in Italiano. Tra l’altro, questo nome è anche una delle consonanti dell’alfabeto ebraico, la più difficile da pronunciare: una sorta di g ingoiata.
I cieli o i due cieli?
Accanto a questi nomi naturalmente appaiati, esistono però degli altri, che sono formalmente al duale, ma che nessuno traduce in questo modo, per esempio:
שָׁמַיִם (shamàyim) cielo o cieli
Tuttavia, questo nome è al duale, com’è chiaramente indicato dalla finale -àyim e perciò occorrerebbe tradurre: due cieli. Si tratta di una traduzione esatta? In parte sì.
Non esiste, infatti, solo il “cielo” atmosferico, che in Genesi 1 è il firmamento (רָקִיעַ – raqia’ – Gen 1,6-8), ma anche “il cielo” di cui parla Genesi 1,1 che non sono esattamente il cielo atmosferico, bensì rappresentano il mondo di Dio, che viene creato appunto in Genesi 1,1.
Ed infatti, nel testo biblico di Genesi 1, “il cielo di Genesi 1,1 è הַשָּׁמַ֖יִם hashamàyim (con l’articolo determinativo), per indicare qualcosa di non concreto, di più astratto, rispetto al “cielo” שָׁמָ֑יִם shamàyim (senza articolo determinativo) di cui si parla in Genesi 6,9.
Quindi, in effetti, i cieli sono due e non uno solo. Poi, nella tradizione successiva alla Bibbia ebraica, i cieli diventeranno anche più di due, se è vero che Paolo di Tarso parla perfino di terzo cielo (1 Cor 12,2.4). Infatti, nella tradizione mistica si può salire a livelli spirituali sempre più alti, fino a giungere a Dio.
Un viaggio da compiersi dentro di noi, più che fuori di noi, nel nostro cuore, dove Dio abita, ma che può a un certo punto giungere anche fuori, quando ci uniamo al Regno di Dio, da dove possiamo vedere il mondo con occhi – anzi con i due occhi – diversi.