La Bibbia ebraica, esprime chiaramente il divieto di pratiche magiche, proclamando che streghe e indovini non dovrebbero essere tollerati (cfr. per es. Es. 22,18).
Nonostante queste chiare proibizioni, gli ebrei non sempre hanno seguito alla lettera questi divieti.
La medium di Endor
Un esempio è il re Saul, il primo sovrano d’Israele, che, in un momento di disperazione, si rivolse a una “strega” di Endor per cercare di contattare l’anima del profeta Samuele, violando il divieto – stabilito dallo stesso re – di consultare gli spiriti dei morti (cfr. 1. Sam 28)
Forse la traduzione “strega” non è così pertinente con il lessico ebraico originale. Infatti, nel testo di Samuele, troviamo alla lettera אֵ֣שֶׁת בַּעֲלַת־א֔וֹב (‘eshet ba’alat-‘ov – 1 Sam 28,7) che alla lettera significa “donna esperta, che sa maneggiare uno spirito”.
“Spirito” non corrisponde esattamente al nostro concetto greco di “anima”, quale elemento diverso dal corpo, bensì alla forma confusa ed eterea che sale dalla terra, dallo “sheol”, dove per gli ebrei scendevano le ombre delle persone morte. Un po’ come l’Ade dei Greci.
Forse, la traduzione più esatta – a prescindere che si creda o meno a tali fenomeni – è il termine “medium”.
Asmodeo
Nel libro di Tobia – non presente nel canone ebraico, ma contenente una storia tipicamente giudaica – si parla del “demonio” che assaliva Sara ogni volta che si univa ad uno dei suoi sette mariti, facendoli morire uno ad uno.
Si tenga presente che a Qumran sono stati trovati alcuni frammenti di un libro di Tobia in Aramaico databile intorno al II sec. a.C. e perciò il testo greco – anche se appunto non accolto nel canone ebraico – è molto probabilmente una traduzione di una più antica versione semitica.
Ebbene, il demone è Asmodeo – אַשְמְדּאָי Ashmodai in Ebraico, che viene dalla radice ebraica שָׁמַד sh m d che significa “distruggere” – che “distrugge” il progetto d’amore di Sara, finché non viene allontanato dall’effluvio esorcistico, composto dal cuore e dal fegato di un pesce (Tobia 8,1-3).
Dibbuk (Covid?)
Il dibbuk è una figura leggendaria nella cultura ebraica, particolarmente associata alla mitologia ebraica del folklore ebraico dell’Europa orientale. Il termine “dibbuk” deriva dall’ebraico “דִּיבוּק” (dibbuk), che significa “attaccamento” o “possesso”.
Nel folklore ebraico, un dibbuk è uno spirito o un’anima di una persona deceduta che ha la capacità di possedere o attaccare un essere vivente, di solito entrando nel corpo della vittima e prendendone il controllo. Questo concetto è simile a quello di un’ossessione o di un’oppressione demoniaca.
La storia più nota che coinvolge un dibbuk è stata rappresentata nella pièce teatrale “Il Dibbuk” scritta da S. Ansky (pseudonimo di Shloyme Zanvl Rappoport) e rappresentata per la prima volta a Varsavia nel 1920.
La storia ruota attorno a una giovane sposa posseduta da uno spirito malvagio che si manifesta come un dibbuk, il quale deve essere esorcizzato da un rabbino.
Nelle storie tradizionali, un dibbuk è spesso considerato il risultato di una morte violenta o di una cattiva condotta nella vita, e l’anima vagante cerca una sorta di redenzione o sollievo dal proprio stato tormentato.
I dibbuk sono associati a eventi sfortunati o tragedie, e l’esorcismo da parte di un rabbino o di una figura religiosa è spesso il tentativo di liberare la vittima posseduta e portare pace all’anima tormentata.
Una curiosità: nel 2020, in piena stagione del COVID, ho casualmente trovato che le consonanti della parola דִּיבוּק traslitterate in lettere possono originare la parola COVID. Si tratta di una coincidenza?
Lilith
Lilith è una figura leggendaria che ha origine nella mitologia ebraica e che è stata oggetto di interpretazioni diverse nel corso della storia.
Il suo nome è menzionato solo una volta nell’Antico Testamento, dove si riferisce a creature notturne e demoniache che abitano luoghi deserti. Il passo recita:
Gatti selvatici si incontreranno con iene,
i satiri si chiameranno l’un l’altro;
vi faranno sosta anche le civette
e vi troveranno tranquilla dimora.
La traduzione “civette” viene dal termine ebraico לִילִית – Lilit – un femminile che significa “creatura della notte, fatta della stessa sostanza della notte”.
Tuttavia, gran parte del mito di Lilith come la prima moglie di Adamo e la madre di demoni deriva dalla tradizione ebraica successiva e dalla letteratura rabbinica.
In queste leggende, Lilit viene descritta come una figura ribelle che si rifiutò di sottomettersi ad Adamo e fu espulsa dal Giardino dell’Eden. In seguito, si dice che sia diventata una figura demoniaca associata alla notte e all’ossessione sessuale.
Lilit è stata descritta come una donna indipendente e potente, che non ha accettato di essere soggetta all’autorità maschile, e questa caratterizzazione l’ha resa una figura simbolica di emancipazione e ribellione in alcuni contesti moderni, specialmente nell’ambito del femminismo ebraico.
Il golem
Il Golem – in Ebraico גֹּ֫לֶם – è una figura leggendaria nella tradizione ebraica, particolarmente associata al folklore ebraico dell’Europa centrale e orientale, ma è diventata una figura iconica anche nella cultura popolare.
L’unica menzione nella Bibbia si trova nei Salmi:
Ancora informe mi hanno visto i tuoi occhi
e tutto era scritto nel tuo libro;
i miei giorni erano fissati,
quando ancora non ne esisteva uno.
Salmo 138,16
Il termine ebraico è generalmente tradotto con “informe” e perciò il golem indica un essere informe, la cui fisionomia fu poi notevolmente sviluppata dalla tradizione ebraica successiva.
Il golem sarebbe un essere artificiale fatto d’argilla – informe dunque – creato attraverso il potere della magia e portato in vita da un rabbino o da un individuo dotato di conoscenze cabalistiche (relazionate alla Kabbalah, una forma di misticismo ebraico).
Il Golem è spesso descritto come un essere umanoide, senza vita propria, ma animato e controllato dal suo creatore attraverso l’uso di un incantesimo o di una combinazione di lettere ebraiche sacre, spesso scritte su un pezzo di carta o pergamena inserito nella bocca o sulla fronte del Golem.
Il Golem è generalmente creato con uno scopo specifico, come difendere una comunità ebraica minacciata o compiere altre opere di protezione.
Tuttavia, spesso le storie sul Golem mettono in evidenza il dilemma morale e le conseguenze negative della creazione di una creatura artificiale. Poiché il Golem è privo di anima e coscienza, può diventare incontrollabile o dannoso, e la sua creazione è vista come un atto che sfida il potere di Dio.
La leggenda più famosa riguardo al Golem coinvolge il rabbino Judah Loew ben Bezalel, che avrebbe creato un Golem per proteggere la comunità ebraica da persecuzioni e pogrom.
Secondo la leggenda, egli scrisse la parola ebraica אֶמֶת (emet), che significa “verità,” sulla fronte del Golem, dandogli così la vita. Tuttavia, quando doveva disattivarlo, cancellava la prima lettera, trasformando la parola in מֵת (met), che significa “morto,” mettendo così fine all’esistenza del Golem.