Il libro di Giobbe – אִיּוֹב “‘iyyov” (oggetto di inimicizia) – è il primo della terza parte del canone cattolico, ossia dei cosiddetti “libri sapienziali”, ossia che trasmettono un messaggio profondo riguardante le questioni fondamentali della vita umana.
La sofferenza del giusto
Di particolare importanza nel libro di Giobbe è il tema del male e della sofferenza del giusto. Giobbe era un uomo prospero, giusto e devoto. Dio consente però a Satana di metterlo alla prova, con la perdita delle sue proprietà, dei suoi figli e della sua salute.
Nonostante le gravi sofferenze che Giobbe affronta, egli rimane fedele a Dio e rifiuta di maledirlo. Questa situazione solleva la domanda del perché un uomo giusto debba subire tali tragedie, portando Giobbe a interrogarsi sul significato della sofferenza nel mondo e sulla giustizia di Dio.
Satana
Satana – שָׂטָן “satan” in Ebr. “avversario” – nella tradizione ebraica non è il personaggio malefico e con le corna che i Cattolici immaginano e che chiamano piuttosto “diavolo“.
In questo contesto, è uno degli angeli di Dio che viaggia sulla terra per testare la fede degli uomini.
Nel Libro di Giobbe, Satana appare davanti a Dio e sfida l’integrità di Giobbe, affermando che l’uomo lo serve solo perché Dio gli ha concesso prosperità e benedizioni. Dio accetta la sfida e permette a Satana di mettere alla prova Giobbe (Giobbe 1).
I tre “amici di Giobbe”
Durante la sua sofferenza, Giobbe riceve la visita di tre amici: Elifaz, Bildad e Zofar. Essi si siedono con lui nel dolore per sette giorni in silenzio, ma in seguito iniziano a discutere con lui sulla ragione delle sue sofferenze.
I tre amici sostengono che Giobbe deve aver in qualche modo peccato e che le sue sofferenze sono perciò una punizione divina. Tuttavia, Giobbe dichiara in modo pertinace la sua innocenza e continua a cercare una risposta dalla giustizia divina.
La risposta divina
Alla fine del libro, Dio stesso risponde a Giobbe dal turbine (Giobbe 40,6), dicendo che la Sua saggezza è insondabile e al di là della comprensione umana.
Dio sottolinea la grandezza e la meraviglia della creazione, dimostrando a Giobbe che l’universo è vasto e complesso, al di là della portata della comprensione umana.
Giobbe non ne è che un elemento, anche se prezioso e deve inserirsi all’interno di questo progetto, occupando il suo posto di uomo e ricevendo così ipso facto le risposte ai suoi grandi interrogativi.
Dio rimprovera poi i tre amici di Giobbe per la loro mancanza di comprensione e per avere parlato male di lui. Alla fine, Dio ripristina la prosperità di Giobbe, benedice la sua vita e lo ricompensa per la sua integrità e la sua fede incondizionata.
Divisione in capitoli
Possiamo dividere il libro di Giobbe in tre grande parti:
Prologo (Capitoli 1-2): Il prologo introduce il contesto della storia e presenta i personaggi principali. Viene presentato Giobbe come un uomo giusto e integro che teme Dio e si astiene dal peccato.
Dio permette a Satana di metterlo alla prova, portando a gravi prove e sofferenze nella vita di Giobbe, che perde le sue proprietà, i suoi figli e la sua salute.
Dialoghi e discorsi (Capitoli 3-31): Questa è la parte centrale del libro, in cui si svolge il dialogo tra Giobbe e i suoi tre amici: Elifaz, Bildad e Zofar.
Dopo il prologo, Giobbe inizia un lamento (Capitolo 3), arrivando perfino a dire che sarebbe stato meglio non nascere tanto grande era la sua sofferenza.
I tre amici vengono a visitarlo e iniziano a discutere con lui sulla ragione delle sue sofferenze, attribuendole a presunti peccati. Tuttavia, Giobbe difende la sua innocenza e nega di aver commesso peccati gravi per meritare tali calamità.
Questa sezione comprende anche un discorso di Eliu (Capitoli 32-37), un giovane che si unisce alla discussione tra Giobbe e i suoi amici.
Eliu sostiene di avere una prospettiva ispirata dallo Spirito Santo e cerca di convincere sia Giobbe che i tre amici. Egli rimprovera Giobbe per il suo atteggiamento presuntuoso, ma critica anche i tre amici per la loro incapacità di fornire una risposta soddisfacente.
Risposta di Dio e conclusione (Capitoli 38-42): Dio infine risponde direttamente a Giobbe dal turbine. L’immagine del “turbine” ritorna anche quando Elia sale al cielo, senza morire (2 Re 2,11). Sembra trattarsi di una particolare manifestazione divina.
Dio inizia a porre una serie di domande retoriche a Giobbe, mettendo in risalto la grandezza e la complessità della creazione e sottolineando l’incommensurabile saggezza divina al di là della comprensione umana.
Dopo il discorso di Dio, Giobbe riconosce la sua limitatezza e la sua ignoranza di fronte alla grandezza divina.
Egli si pente delle sue parole e si umilia davanti a Dio, quale unica via d’uscita alla sofferenza – non solo fisica, ma soprrattutto interiore – dell’uomo che si arrovella per cercare di trovare risposte a questioni esistenziali, che possono essere risolte solo stando al proprio posto di creature umane di fronte alla incommensurabile grandezza dell’universo.