La sigla del manoscritto trovato a Qumran – 1QS – indica il luogo in cui fu trovato: la prima grotta di Qumran; e al carattere del testo, regola, in ebraico Serek. Infatti, vi è un’analogia tra il contenuto di questo manoscritto e le regole degli ordini monastici e congregazioni religiose; tra l’altro il termine ricorre più volte nel manoscritto.
Ritrovamento della regola della comunità
Fu trovato nel 1947 ed acquistato dai beduini da Mar Athanasius Jeshue Samuel, Arcivescovo siriaco della chiesa di San Marco di Gerusalemme. Nel 1948 uscì la cosiddetta edito princeps – ossia l’edizione principale – senza la traduzione. Quest’ultima fu opera di Giovanni Boccaccio e Guido Berardi (a sinistra la foto di uno dei frammenti di cui 1QS è composto).
Seguirono poi altre edizioni, man mano che venivano alla luce nuovi frammenti del manoscritto.
Poiché il manoscritto è attestato in diverse copie, esso doveva avere un ruolo assai importante per gli esseni, soprattutto a Qumran, poiché contiene testi che probabilmente erano destinati alla lettura e meditazione diuturna.
Le tappe dell’ammissione in comunità
Il manoscritto descrive le diverse fasi di ammissioni di un ebreo alla comunità di Qumran:
- in un primo tempo, l’aspirante era introdotto nello spirito e nelle pratiche della setta, verificata la sincerità della sua scelta, la sua intelligenza e la sua condotta morale;
- dopo il parere favorevole di un gruppo definito “i molti”, veniva inserito parzialmente nella comunità;
- dopo la purificazione e la mensa comune e dopo un ulteriore periodo di prova l’aspirante era finalmente ammesso.
Dopo l’ultimo periodo di prova, l’aspirante era sottoposto ad un rito di iniziazione, probabilmente un’immersione nell’acqua, con il quale egli entrava nel patto. Il candidato faceva poi una confessione pubblica dei suoi peccati, a seguito della quale i sacerdoti benedicevano quelli che appartenevano a Dio e maledicevano quelli che appartenevano a Belial.
L’ingresso nella vita di comunità
All’iniziato veniva poi assegnato il proprio posto all’interno della comunità, che era suddivisa in tre classi: sacerdoti, leviti, popolo. Durante l’assemblea annuale, ciascun membro della comunità poteva avanzare od anche retrocedere dal posto precedentemente assegnato.
In tale occasione, i membri si obbligavano a separarsi dai peccatori, ad amare i figli della luce (בְּנֵי אוֹר – benè ‘or) e a odiare i figli delle tenebre (בְּנֵי חֹשֶׁךְ – benè chòshek). La convivenza in ciascuna comunità era regolata dalla sottomissione al diretto superiore, anche se c’erano momenti di condivisione comune, come i pasti e le deliberazioni. I membri erano celibi.
I membri della comunità passavano gran parte del tempo allo studio della Legge mosaica – il nostro Pentateuco – e allo studio di altri scritti sacri ed anzi, un terzo della notte doveva passare a leggere, meditare e benedire. Le interpretazioni della Legge (פְּשָרִים – pesharim – dalla radice פשר “interpretare”) dovevano restare segrete e all’interno della setta. Grande importanza era data alle purificazioni rituali.
L’identità degli Esseni di Qumran
I membri della setta si consideravano come il vero Israele nel deserto, poiché solo essi erano i depositari delle promesse fatte ai padri. Perciò gli esseni erano sempre in attesa di entrare nella Terra Promessa. Essi si consideravano estranei al mondo esterno e costituivano un Tempio spirituale.
Attendevano due messia – quello politico e quello religioso – e si consideravano essi stessi figli della luce, della giustizia e della verità, mentre tutti gli altri erano figli delle tenebre. Amavano considerarsi anche come figli del cielo, depositari di segreti divini. Ogni anno, in occasione della Pentecoste, avveniva il rinnovamento del patto, dell’alleanza grazie alla quale erano diventati esseni.
Le autorità della comunità erano: il mebaqqer (מְבַקֵּר – una sorta di vescovo) e il paqid (פָּקִיד – una sorta di sovrintendente); ad essi seguiva il responsabile amministrativo, il maskil (מַשְׂכִּיל) e il responsabile della formazione il doresh ha-torah (דוֹרֵשׁ הַתּוֹרָה). Non viene mai menzionato il famoso Maestro di giustizia (מֹורֶה הַצֶּדֶק – moreh-hatsèdeq).
La predestinazione
Tra i temi presenti nella regola, spicca quello della predestinazione. Dio, infatti, avrebbe rigidamente suddiviso l’umanità in figli delle tenebre e figli della luce, una sorta di separazione tra buoni e cattivi. Riporto di seguito uno stralcio emblematico della regola:
… Questi sono gli spiriti della verità e della ingiustizia. In una sorgente di luce sono le origini della verità e da una fonte di tenebra le origini dell’ingiustizia. In mano al principe delle luci è l’impero su tutti i figli della giustizia: essi camminano sulle vie della luce.
Ed in mano all’angelo della tenebra è tutto l’impero sui figli dell’ingiustizia: essi camminano sulle vie della tenebra.
Dall’angelo della tenebra (derivano) le aberrazioni di tutti i figli della giustizia, tutti i loro peccati, le loro iniquità, la loro colpa, e le loro azioni perverse sono l’effetto del suo impero in conformità dei misteri di Dio fino al tempo da lui stabilito;
tutti i loro flagelli e i periodi delle loro avversità sono sotto l’impero della sua ostilità; 24 e tutti gli spiriti della sua sorte sono intenti a fare incespicare i figli della luce.
Regola della Comunità, capo. 3, linee 19-24
Notevoli, come viene sottolineato dagli studiosi, le affinità tra i temi teologici presenti a Qumran e il Nuovo Testamento. Soprattutto il tema dei figli delle tenebre e figli della luce, un modo di parlare che si incontra nei vangeli:
Gesù allora disse loro: «Ancora per poco tempo la luce è con voi. Camminate mentre avete la luce, perché non vi sorprendano le tenebre; chi cammina nelle tenebre non sa dove va. Mentre avete la luce credete nella luce, per diventare figli della luce».
Giovanni 12,35-36)
Nel Vangelo di Giovanni, dove si usa l’espressione, si noti che l’evangelista usa il verbo diventare figli della luce, smentendo così ogni tipo di predestinazione alla luce o alle tenebre fin dalla nascita. Essere figli della luce, secondo i vangeli, dipende quindi da una scelta precisa, fatta non solo una volta, ma ogni giorno della nostra vita.