I primi due capitoli della Genesi, trattano la creazione del mondo e dell’uomo, mentre il terzo si concentra sui due primi esseri umani che si trovano nel giardino dell’Eden.
Il serpente era la più astuta di tutte le bestie selvatiche fatte dal Signore Dio. Egli disse alla donna: «È vero che Dio ha detto: Non dovete mangiare di nessun albero del giardino?
Gen 3,1
Come spiegare la presenza della donna nell’Eden?
Avete mai notato che la Bibbia non dice che Dio pose anche la donna nell’Eden, ma solo l’uomo (leggi Gen 2,8.15). Perché dunque la donna si trova nel giardino dell’Eden?
Perché il primo uomo ce la portò? Risposta non c’è. Tuttavia, non c’è Eden senza uomo e donna, perché, forse, non c’è comunione con Dio se non tra Lui e la coppia di maschio e femmina.
A parte questo dettaglio, che rivela tra l’altro come questi racconti non rappresentino un racconto unitario e coerente, la prima creatura che viene menzionata nel capitolo non è un essere umano, bensì un animale, anche se molto particolare.
Il serpente
Vale subito la pena notare che l’aggettivo “astuto”- in Ebr. ‘arom (עָרוֹם) – qualifica in genere esseri umani e non animali.
Qual è il motivo? Ancora è presto per discuterne, anche se già qui nel primo versetto, possiamo dire che il serpente ha ben poco di animale, perché subito il testo dice che si rivolge alla donna.
Esso/egli perciò è in grado di parlare. Nella storia delle religioni, il serpente è uno dei simboli antropomorfi più importanti. Esso indica la rinascita o il risveglio, il passaggio da una condizione all’altra.
Si pensi solo al fatto che il serpente cambia la sua pelle. Il valore di questo simbolo non è necessariamente negativo, anche se in questo caso, agli occhi di chi scrisse questo brano, evidentemente lo è.
La transizione tra una condizione e l’altra è costituita, come vedremo, da una condizione di felicità/ingenuità originaria ad un’altra invece segnata dalla malizia e dalla tristezza.
Nella Bibbia, il serpente è l’incarnazione del Male e ciò risulta da una lettura unitaria della Sacra Scrittura, includendo soprattutto il suo ultimo libro – l’Apocalisse – dove il serpente viene chiaramente identificato (Apocalisse 12,9).
La domanda “maligna”
La sua natura maligna, tuttavia, non è subito manifesta. Anzi, all’inizio del capitolo il serpente si presenta come “l’amico dell’uomo”, colui che s’interessa veramente a lui, dei suoi veri e profondi desideri.
Chiedendo alla donna se Dio le avesse veramente ordinato di non mangiare di nessun albero del giardino, il serpente distorce profondamente la realtà, offrendola comunque in modo suadente alla donna.
Oltre al fatto che Dio aveva ordinato solo di non mangiare dell’albero della conoscenza del bene e del male (cf. Gen 2,17), il serpente si rivolge all’interlocutore sbagliato.
Dio, infatti, aveva proibito di mangiare dell’albero della conoscenza del bene e del male all’uomo, quando ancora la donna non era stata neppure creata!
La morale distorta
Il serpente sceglie dunque l’interlocutore al quale può propinare la sua versione dei fatti, distorta e suadente. Un po’ come una certa morale, che propina sempre l’aspetto peggiorativo del comando, credendo che così facendo la gente si impaurisca e non compia questo o quel peccato.
La cosa peggiore è che tutto questo venga poi applicato a Dio, come se Dio si divertisse a dire delle piccole bugie a fin di bene, per non farci vivere una vita con tutti i suoi aspetti ed anche con i suoi inevitabili errori. Sì perché l’uomo e la donna hanno il diritto di fare i propri errori, le proprie esperienze … perché solo così potremmo un giorno capire di che pasta siamo fatti.