L’etimologia di שָׁמַיִם non è completamente chiara, ma si ritiene comunemente che sia legata alla radice ebraica שָׁמַם (shamam), che significa “essere desolato” o “stare in alto”. Alcuni studiosi propongono che il termine possa derivare dall’unione di due parole: שָׁמַה (shamah, “là”) e מָיִם (mayim, “acque”), suggerendo l’idea delle “acque lassù” o della separazione delle acque in alto dai mari sulla terra, come descritto nella creazione in Genesi 1.
שָׁמַיִם nel testo della creazione
Genesi 1,1:
«In principio Dio creò il cielo (שָׁמַיִם, shamayim) e la terra».
In questo contesto, שָׁמַיִם rappresenta il cielo come parte della creazione di Dio, distinto dalla terra e dalle acque. Si noti che, a livello grammaticale, il termine è un duale ossia indicherebbe i “due cieli”. Uno di questi, viene creato separando le acque:
Genesi 1,6-8:
«Dio disse: ‘Vi sia un firmamento in mezzo alle acque per separare le acque dalle acque’. Dio fece il firmamento e separò le acque che sono sotto il firmamento dalle acque che sono sopra il firmamento. E così avvenne. Dio chiamò il firmamento cielo (שָׁמַיִם, shamayim)».
In questo caso, שָׁמַיִם non solo denota il cielo fisico ma anche la struttura cosmologica che contiene le “acque sopra il firmamento“, riflettendo una visione del mondo antico in cui l’universo era visto come un sistema a più strati. E il “secondo” significato di cielo?
I cieli come dimora di Dio
Un altro significato di שָׁמַיִם è quello di dimora divina. In molti testi biblici, il cielo è considerato il luogo dove risiede Dio e da dove Egli osserva e governa l’universo:
Deuteronomio 26,15:
«Volgi lo sguardo dalla tua santa dimora, dal cielo (שָׁמַיִם, shamayim), e benedici il tuo popolo Israele e la terra che ci hai dato, come giurasti ai nostri padri, paese dove scorrono latte e miele».
Qui, il cielo è rappresentato come la “santa dimora” di Dio, un luogo sacro e separato dalla terra, che sottolinea la trascendenza divina.
Nei Salmi
I Salmi offrono molteplici riferimenti al cielo, spesso in relazione alla potenza di Dio e alla Sua capacità di controllo e benedizione:
Salmo 115,3:
«Il nostro Dio è nei cieli (שָׁמַיִם, shamayim), egli fa tutto ciò che vuole».
Questo versetto enfatizza la sovranità di Dio che risiede nei cieli. שָׁמַיִם qui non è solo un luogo fisico ma anche un simbolo dell’autorità e del potere assoluto di Dio. Il cielo diventa un luogo di controllo divino, da dove Dio esercita la sua volontà su tutto il creato.
Salmo 136,5:
«Colui che ha fatto i cieli (שָׁמַיִם, shamayim) con sapienza, perché il suo amore è per sempre».
In questo contesto, שָׁמַיִם è associato alla sapienza divina nella creazione, un’espressione della saggezza e dell’amore eterno di Dio. Questo versetto celebra l’atto creativo come un segno dell’amore divino per l’umanità e il mondo.
Nei profeti
Nel libro di Isaia, שָׁמַיִם inizia ad assumere una dimensione escatologica e apocalittica, rappresentando il cielo come il teatro degli eventi futuri:
Isaia 34,4:
«Tutti gli astri del cielo (שָׁמַיִם, shamayim) si dissolveranno, i cieli si arrotoleranno come un libro, tutti i loro astri cadranno come cade il pampino dalla vite e il fico dall’albero».
In questo versetto, il cielo è descritto come destinato a dissolversi e a chiudersi, un’immagine che suggerisce la fine dei tempi. La metafora del rotolo suggerisce una conclusione, indicando la sovranità di Dio anche sul cosmo. שָׁמַיִם diventa quindi un simbolo della fine di un’era e dell’inizio di una nuova realtà divina.
I “cieli” come ambiente da cui proviene la rivelazione di Dio e come scenario di eventi apocalittici viene pienamente sviluppato nel libro di Ezechiele:
Ezechiele 1,1:
«Il trentesimo anno, il quinto giorno del quarto mese, mentre mi trovavo fra i deportati lungo il fiume Chebar, si aprirono i cieli (שָׁמַיִם, shamayim) e ebbi visioni divine».
In questo versetto, שָׁמַיִם si riferisce al cielo che si apre, un evento che prelude alla rivelazione di visioni divine. L’apertura dei cieli è un simbolo di accesso al mondo celeste e alle realtà divine nascoste. Questo momento segna l’inizio di una serie di visioni che rivelano la gloria e la potenza di Dio, in particolare la visione del trono divino, circondato da esseri viventi e ruote, che rappresentano la presenza di Dio in movimento.
Ezechiele 1,22:
«Al di sopra delle teste degli esseri viventi vi era come un firmamento, simile a un cristallo splendente, che si stendeva sopra le loro teste».
Anche se qui il termine שָׁמַיִם non è esplicitamente menzionato, la descrizione del firmamento sopra le teste degli esseri viventi evoca l’immagine dei cieli e del trono divino. Questo firmamento, simile a cristallo splendente, sottolinea la separazione tra il mondo celeste e quello terreno, e la sacralità dello spazio dove risiede la gloria di Dio.
Ezechiele 32,7-8:
«Quando spegnerò la tua luce, coprirò i cieli (שָׁמַיִם, shamayim) e ne oscurerò le stelle; coprirò il sole con una nube e la luna non darà più la sua luce. Oscurerò tutti i luminari del cielo (שָׁמַיִם, shamayim) a causa tua e spargerò tenebre sul tuo paese – oracolo del Signore Dio».
In questo passaggio, שָׁמַיִם è utilizzato per descrivere l’oscuramento dei corpi celesti come segno di un giudizio divino. Il linguaggio apocalittico suggerisce un disturbo cosmico che accompagna la caduta di una nazione o di un re. Il cielo che si oscura è un potente simbolo di disastro e della perdita della protezione divina, riflettendo il caos che seguirà.