Nel libro dei Giudici – capp. 13-16 – si narra la storia di Sansone – שִׁמְשׁוֹן Shimshon “piccolo sole” – nazireo, ossia una figura speciale consacrata a Dio sin dalla nascita.
Sansone il nazireo
Essere un nazireo significava osservare alcune regole particolari, tra cui l’astensione da bevande alcoliche, evitare la contaminazione con i morti e non tagliarsi i capelli. Questi voti di nazireato erano un segno di consacrazione a Dio e di separazione da altre persone:
Quando un uomo o una donna avrà fatto un voto speciale, il voto di nazireato, per consacrarsi al SIGNORE, si asterrà dal vino e dalle bevande alcoliche; non berrà aceto fatto di vino, né aceto fatto di bevanda alcolica; non berrà liquori d’uva e non mangerà uva, né fresca né secca. Per tutto il tempo del suo nazireato non mangerà alcun prodotto della vigna, dagli acini alla buccia. Per tutto il tempo del suo voto di nazireato il rasoio non passerà sul suo capo; fino a che siano compiuti i giorni per i quali egli si è consacrato al SIGNORE, sarà santo; si lascerà crescere liberamente i capelli sul capo.
(Numeri 6,3-5)
Sansone era noto per la sua forza sovrumana, che gli fu data da Dio come dono a causa del suo voto di nazireato. La sua forza era concentrata nei suoi lunghi capelli, che non dovevano essere mai rasati.
Il suo nome che significa appunto “piccolo solo”, indica la forza dei suoi capelli che simboleggiano i raggi del sole, appunto, che con la loro forza e luce danno forza e vigore al nostro pianeta.
La debolezza di Sansone
La storia di Sansone e Dalila ruota è una storia di fragilità umana. I capi dei Filistei, nemici degli Israeliti, convinsero Dalila a scoprire il segreto della forza di Sansone e a tradirlo.
Dalila insistette a tal punto, che Sansone le rivelò che la fonte della sua forza era legata alla lunghezza dei suoi foltissimi capelli.
Il nome stesso di Sansone rimanda simbolicamente ai raggi del sole che sono simboleggiati dalla chioma dei suoi capelli, che un po’ come i raggi del sole rappresentano la forza e il vigore.
Saputolo, mentre Sansone dormiva, Dalila gli tagliò i capelli e chiamò i Filistei. Quando Sansone si svegliò e si accorse della sua perdita di forza, venne imprigionato e gli furono cavati gli occhi.
Fu poi portato di fronte a una grande folla di Filistei nel tempio del loro dio Dagon per essere ridicolizzato. Durante la sua prigionia, però, i suoi capelli erano ricresciuti, e con la forza ritrovata, riuscì a far crollare le colonne del tempio, uccidendo se stesso insieme a un gran numero di Filistei.
Di qui la celebre frase, diventata detto comune: «Muoia Sansone e tutti i Filistei».
La storia di Sansone, Dalila, i capelli e il nazireato viene spesso interpretata come esempio di come la debolezza umana e l’istinto della carne possono portare talvolta alla perdita di doni e benedizioni divine.
Rappresenta anche una storia di redenzione, in cui Sansone, anche se in ritardo, ritrova la sua fede e compie un atto eroico per il suo popolo.