Allora il Signore Dio plasmò l’uomo con polvere del suolo …
(Genesi 2,7)
Rispetto alla prima versione del racconto della creazione (cfr. Gen 1,26-27) osserviamo una notevole differenza. Nel primo capitolo della Genesi si diceva che Dio “Creò l’uomo a sua immagine e somiglianza”. In quel brano non si diceva quale fu il risultato dell’attività creatrice di Dio;
il testo si limitava a dire che Dio aveva creato l’uomo a “sua immagine e somiglianza”, ma senza specificare il modo in cui concretamente lo creò.
Il secondo racconto della creazione dell’uomo
Nel secondo racconto della creazione, invece, ciò viene chiaramente indicato: l’uomo è una specie di statua, una strana statua, fatta di polvere … a questa specificazione corrisponde anche un’immagine di Dio assai diversa, poiché qui Egli viene immaginato come un artigiano che produce i suoi oggetti.
Questa diversità nel modo in cui Dio viene presentato non indica, però, che qui si ha in mente un Dio diverso dal primo. Si tratta solo di autori diversi che immaginavano Dio in modo diverso, poiché abitavano in posti diversi.
L’autore del secondo racconto della creazione – quello di cui stiamo parlando (Gen 2,5-25) – viveva probabilmente tra coloro che erano rimasti in Giudea e non furono esiliati nel 587 a.C. in Babilonia dal re Nabucodonosor.
Egli viveva di agricoltura ed aveva un forte legame con la terra, diversamente dagli ebrei che soggiornavano in Babilonia che erano invece a contatto con un ambiente cosmopolita ed urbano. Egli, perciò, descrisse la creazione dell’uomo attraverso le immagini del mondo agricolo in cui viveva ogni giorno.
Un uomo fatto di polvere
Dio era per lui come un vasaio, che plasmava oggetti con la creta. Tuttavia, nel testo si dice che Dio “plasmò l’uomo con la polvere del suolo”. In Ebraico, la parola “suolo” è “adamàh” (אֲדָמָ֔ה). Si tratta del terreno asciutto e arido, dal quale possono sollevarsi nuvole di polvere, quando tira vento. Dio plasmò l’uomo servendosi proprio della “polvere”, in Ebraico “afàr” (עָפָר֙).
Com’è possibile fare un oggetto servendosi della polvere? Come interpretare questa frase? Forse l’uomo è un “ammasso di pulviscolo”? Forse di voleva indicare qualcosa della sua natura?
In Ebraico, uomo è “adàm” (אָדָ֗ם), una parola che proviene da “adamàh” (אֲדָמָ֔ה). Questo legame linguistico rappresenta il profondo rapporto dell’ebreo che scrisse questo capitolo con la madre terra. Forse, però, egli voleva indicare che la natura dell’uomo è più “volatile, eterea” rispetto ad un oggetto plasmato con la creta.
Egli, invece, è costituito dalle particelle della polvere, di qualcosa di più sottile e raffinato rispetto alla terra. Si tratta, ovviamente, solo di una ipotesi. Certamente, però, l’autore del brano doveva essere ben consapevole di non essere uguale a tutti gli altri esseri viventi. Ne parleremo la prossima volta.
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