Tutti, ma proprio tutti, conosciamo la preghiera del Padre Nostro nella formulazione di Matteo (7,6-13). Non c’è bisogno neppure di trascriverla. Oggi vorrei soffermarmi sull’ultima frase che, in quanto tale, spesso viene recitata con approssimazione, senza capire cosa significhi. MA LIBERACI DAL MALE. Qual è il testo greco?
Ma liberaci dal male?
Eccolo: ἀλλὰ ῥῦσαι ἡμᾶς ἀπὸ τοῦ πονηροῦ. La parte in neretto è quella che ci interessa. Si tratta di un’espressione grammaticalmente ambigua.
Infatti, essa può essere (correttamente) intesa sia come: «liberaci dal male», sia come «liberaci dal maligno». Tuttavia, una è – a mio avviso – preferibile all’altra. Perché?
In un altro brano di Matteo, leggiamo:
«Sia invece il vostro parlare sì, sì; no, no; il di più viene dal maligno».
Mt 5,37
Ebbene, l’espressione in grassetto equivale all’espressione greca identica alla frase del padre nostro. In poche parole, in entrambi i casi si tratta di ἀπὸ τοῦ πονηροῦ.
Esisteva il concetto di “male” per gli antichi ebrei?
Poiché, inoltre, per gli ebrei dei tempo di Gesù era impossibile pensare a qualcosa di astratto – come è il concetto greco e latino di “male” – è assai probabile, per me sicuro, che l’ultima frase del Padre Nostro sia da tradurre: ma liberaci DAL MALIGNO.
Chi è dunque il maligno? Per gli ebrei del tempi di Gesù, il “diavolo”. E per noi oggi? Un tumore, che viene chiamato, appunto, “maligno”. Fa molto riflettere che una espressione appartenente al “lessico” evangelico e perciò teologico, sia stata poi trasferita in Medicina, che dovrebbe essere una scienza scevra da qualsiasi condizionamento “indebito”, tanto meno “teologico” …
Forse, inconsapevolmente, l’accanimento diagnostico – non la diagnosi – proviene da questa “valenza teologica” che “carica” il malanno di una gravità diabolica che in realtà non ha? Occorre riflettere su questa domanda …