Secondo 2 Re 22-23, nel XVIII anno del Regno di Giosia, il sacerdote Chelchia trovò un rotolo durante i lavori di ristrutturazione del Tempio di Gerusalemme. Per ordine del re, l’alto funzionario Safan, dà poi lettura del rotolo davanti a tutto il popolo.
Il ritrovamento
La reazione è forte e il re è profondamente toccato dalle maledizioni contenute nel libro e fa condurre indagini e studi sul senso di ciò che era scritto nel rotolo.
La profetessa Culda, incaricata dello studio, informa i funzionari reali del giudizio divino che sta per piombare su Gerusalemme (cfr. anche Ger. 19,14 e 7,20; Dt 6,12-15; 31,29; Gdc 2,12-14a), mentre il Re sarà sepolto in pace perché aveva osservato gli ordini contenuti nel libro.
Poi Giosia legge il libro a tutto il popolo e comunica la sua intenzione di fare un’alleanza – in Ebr. berit (בְּרִית)- con Yahvè e di celebrare la Pasqua.
L’alleanza fu l’occasione per intraprendere una profonda riforma cultuale nella nazione giudaica: elimina i simulacri di Baal e di aspera e “dell’esercito celeste”, ossia il culto al sole, alla luna e alle stelle.
La riforma
Fa distruggere le colline – in Ebr. bamah (בָּמָה) – dove si venerava Yahvé, il tofet, luogo abominevole riservato ai sacrifici umani e perfino Betel, un santuario yahvistico ufficialmente riconosciuto.
Sin dai tempi dei Padri della Chiesa, si pensava che il rotolo coincidesse con il libro del Deuteronomio e che quindi la sua edizione originaria risalisse ai tempi di Giosia, ossia alla fine del VII sec. a.C. La storicità del ritrovamento pone tuttavia diverse difficoltà.
Non si può negare che per i Deuteronomisti il ritrovamento del rotolo è una sorta di «mito di fondazione» e che il testo presenta alcuni accenni sulla distruzione di Gerusalemme e l’esilio babilonese (cfr. 22,16-17). Tra l’altro il motivo del ritrovamento del libro è comune nella letteratura antica, generalmente usato per giustificare cambiamenti importanti, siano essi religiosi o politici.
Testi di fondazione
Nei santuari mesopotamici esistevano tavolette di fondazione che venivano puntualmente scoperte in occasione di lavori di restauro. Thomas Römer osserva che in alcune iscrizioni regie babilonesi i racconti di rinvenimento presentano uno schema assai simile a quello riconoscibile nel racconto del Secondo libro dei re:
- un re vuole intraprendere riforme o cambiamenti importanti;
- teme però delle opposizioni;
- uno dei suoi servi viene invitato in un luogo sacro;
- qui costui scopre un libro di origine divina;
- il libro sprona il re a intraprendere i suoi progetti. Qualcosa di simile viene narrato anche nel cilindro di Scippar, in cui Nabonido – il quale voleva ricostruire il Tempio di Ibarra – ordina ricerche accurate per trovare la pietra di fondazione del tempio in onore di Shamash.
È probabile che gli autori di 2 Re abbiano fatto ricorso alla medesima convenzione letteraria. La pietra di fondazione è, in 2 Re 22-23, il Libro della Legge che diventa il fondamento del culto di Jahvè. Secondo alcuni studiosi, il racconto del ritrovamento sarebbe stato inserito in epoca tardiva, sicuramente post-esilica.
Non esistono prove extra-bibliche che confermino la cosiddetta riforma di Giosia, anche se vi sono indizi a favore di cambiamenti cultuali avvenuti in quell’epoca. Il riferimento ai cavalli e carri del sole (di Shamash, dea assira) e ai sacerdoti kemarin, che officiavano il sole, la luna e l’esercito del cielo sono storicamente plausibili per il periodo assiro.
La loro eliminazione dal Tempio di Gerusalemme riflette la diminuita influenza assira sulla Siria e sulla Palestina alla fine del VII secolo. Si tratta di simboli che non erano più di moda presso l’elite politico-religiosa alla fine del VII secolo, diciamo intorno al 600, come dimostrano sigilli ritrovati in Giuda.
Gerusalemme città centrale
Proprio a motivo di questo vuoto di potere assiro, è plausibile che Giosia abbia voluto centralizzare a Gerusalemme il culto, il potere e le attività fiscali (svolte in genere nei santuari).
Probabile anche che l’entourage di Giosia abbia visto in lui il legittimo erede del Regno d’Israele e che, per questo motivo, il re sia stato spronato ad estendere il suo dominio anche a nord. Impresa che però storicamente non riuscì pienamente.
Per concludere, la riforma di Giosia ha qualche fondamento storico, ma è altamente improbabile che storicamente sia stata favorita dalla scoperta del Libro della Legge.
Tuttavia, la prima edizione del libro del Deuteronomio può ben essere stata fatta sotto il suo regno. I capitoli 22-23 di Secondo Re sono importanti, soprattutto perché potrebbero perfino fornirci i nomi di alcuni deuteronomisti, come per esempio Chelchia o la famiglia di Safan (cfr. anche Ger 36).
Secondo Römer, 2 Re 22-23 subì tre redazioni successive. La prima, risale al periodo assiro, con la rimozione dei simboli cultuali assiri e sulla centralizzazione del culto a Yahvé nel santuari restaurato. Dopo il 587 a.C., fu aggiunto il racconto della profetessa Culda con l’annuncio della distruzione di Gerusalemme.
Durante il periodo persiano, infine, fu aggiunto il resoconto del ritrovamento del libro. Una triplice redazione, dunque, riconoscibile un po’ ovunque nei testi deuteronomistici.