Praticamente tutti i salmi del libro primo (Salmi 1-41) del Salterio hanno delle vere e proprie intestazioni, tranne i primi due. Sembrerebbe allora che i Salmi 3-41 fossero una raccolta davidica unitaria. Una volta che l’intero Salterio fu compilato, i Salmi 1 e 2 furono forse aggiunti per introdurre l’intera collezione.
Quindi, nella sua posizione attuale, il Salmo 1 introdurrebbe il libro dei Salmi, invitando in particolare alla meditazione del primo libro del Salterio come “la legge del Signore”.
Il salmo è suddiviso in tre parti:
A. si dichiara chi è da considerare beato e descrive il carattere e il destino di tale persona (vv. 1-3).
B. si pronuncia poi il destino dell’antitipo, “i malvagi” (vv. 4-5).
C. Si conclude con una dichiarazione riassuntiva che rivela il ruolo di YHWH nel determinare i loro destini (v.6).
Chi può dirsi “beato”
Beato l’uomo che non segue il consiglio degli empi,
non indugia nella via dei peccatori
e non siede in compagnia degli stolti;
ma si compiace della legge del Signore,
la sua legge medita giorno e notte.Sarà come albero piantato lungo corsi d’acqua,
che darà frutto a suo tempo
e le sue foglie non cadranno mai;
riusciranno tutte le sue opere.
(Salmo 1,1-3)
Il carattere e il comportamento del destinatario della benedizione vengono descritti anzitutto da tre frasi negative introdotto dal “non” (לֹ֥א), più tre verbi che connotano le azioni dell’uomo beato, rispetto a tre categorie di persone che vengono descritte in modo sempre più preciso come: empi (cioè) peccatori (cioè) stolti.
Il ritratto positivo del beato definisce quella persona da ciò che “lo entusiasma” (il suo compiacimento) e da ciò che lo occupa (“medita giorno e notte”) – in altre parole, da ciò che realmente apprezza.
Il beato viene così identificato non dallo status sociale o dal solo comportamento, ma dall’atteggiamento e da ciò che attira la sua attenzione.
Mentre il salmo certamente incoraggia la meditazione, l’accento qui sta sull’oggetto, come l’ordine delle parole rende chiaro: “sulla sua legge medita”. Testi biblici come questo certamente approvano la “meditazione” come un’attività biblica. In contrasto con altri tipi, tuttavia, la meditazione biblica è focalizzata su un contenuto specifico.
Il verbo ebraico significa letteralmente “mormorare” (radice הָגָה hagah). È in qualche modo analogo alla “lettura” (ricordando che la lettura silenziosa è un’invenzione relativamente recente), ma connota anche l’idea di “riflettere” su qualcosa più e più volte, quasi una “ruminatio”. Il verbo può avere anche la sfumatura di “ponderare”.
La forma che prenderà la benedizione del verso uno è ora immaginata al versetto 3. I destini rispettivi dei “giusti” e dei “malvagi” sono descritti con similitudini agricole.
La persona giusta è come un albero ben innaffiato; i malvagi sono come pula trasportata dal vento. Il fatto che la sua foglia non appassisca implica che questo albero è in grado di mantenere il suo verde e la sua ombra anche durante la stagione secca in Medio Oriente.
La frase, “che darà frutto a suo tempo”, è un’immagine semplice che illustra una verità profonda: i credenti possono essere in grado di sostenere la vita spirituale attraverso tempi di avversità, ma possono essere produttivi solo in certi momenti, la cui determinazione è al di là del loro controllo. La fioritura continua non è presa in considerazione qui. L’affermazione “riusciranno tutte le sue opere” interrompe l’immagine agricola e fa eco a Giosuè 1,8.
La via dei malvagi
Non così, non così gli empi:
ma come pula che il vento disperde;perciò non reggeranno gli empi nel giudizio,
né i peccatori nell’assemblea dei giusti.Il Signore veglia sul cammino dei giusti,
ma la via degli empi andrà in rovina.
(Salmo 1,4-6)
Al contrario, l’immagine della pula illustra l’assenza di benedizione per i malvagi, che mancano sia di vita che di sostanza. A quale giudizio si riferisce la frase “non reggeranno gli empi nel giudizio”? I lettori cristiani tendono a pensare al giudizio finale, ma questo non è un elemento prominente nei Salmi.
Il giudizio riguarda l’assemblea giusta, cioè la congregazione di adoratori (vedi 74,2; 111,1). Quindi, ai malvagi è vietato dall’accesso alla vita e alla lode che porta vita e benedizione, rese disponibili solo alla congregazione di adoratori di YHWH; una vita al di fuori dell’appartenenza alla comunità di vita e di lode porta solo alla rovina.
L’unica menzione di un’azione divina in questo salmo è alla fine: il Signore veglia sul cammino dei giusti. In superficie, i destini dei giusti e dei malvagi sembrano essere determinati dalla legge naturale: i primi seguono la strada la cui immagine è un albero piantato presso corsi d’acqua, e i secondi seguono la strada la cui immagine è la pula trasportata dal vento.
La scelta enigmatica delle parole nel verso 3 (“piantato” e “corsi d’acqua”, notato sopra), potrebbe suggerire che il misterioso “piantatore” e “irrigatore” è ora rivelato nel verso 6. Nessuna azione divina è esplicitamente predicata per la via dei malvagi; semplicemente periranno.
L’implicazione è che senza un intervento divino la vita degenererà in morte; è solo con l’aiuto divino che è possibile sostenere la vita.