Esegesi del primo racconto della creazione Gen 1,1-2,4a – (Primo giorno)

11 Febbraio 2022

TESTO EBRAICO:

וַיֹּ֥אמֶר אֱלֹהִ֖ים יְהִ֣י אֹ֑ור וַֽיְהִי־אֹֽור׃ – wayyo’mer Elohim yehy ‘or wayehy ‘or

וַיַּ֧רְא אֱלֹהִ֛ים אֶת־הָאֹ֖ור כִּי־טֹ֑וב וַיַּבְדֵּ֣ל אֱלֹהִ֔ים בֵּ֥ין הָאֹ֖ור וּבֵ֥ין הַחֹֽשֶׁךְ׃ – wayyar Elohim ‘et-ha’or ki thov wayyavdel Elohim ben ha’or uven hachoshek

וַיִּקְרָ֨א אֱלֹהִ֤ים׀ לָאֹור֙ יֹ֔ום וְלַחֹ֖שֶׁךְ קָ֣רָא לָ֑יְלָה וַֽיְהִי־עֶ֥רֶב וַֽיְהִי־בֹ֖קֶר יֹ֥ום אֶחָֽד׃ פ – wayyiqra’ Elohim la’or yom welachoshek qara’ laylah wayehy-‘erev wayehy-voqer yom ‘echad

Genesi 1,3-5

TRADUZIONE:

Dio disse: «Sia la luce!». E la luce fu.

Dio vide che la luce era cosa buona e separò la luce dalle tenebre

e chiamò la luce giorno e le tenebre notte. E fu sera e fu mattina: primo giorno.

Genesi 1,3-5

La parola

E Dio disse. In ebraico è wayyomer elohim (וַיֹּ֥אמֶר אֱלֹהִ֖ים). Se Dio parla si presuppone dunque la sua parola creatrice. Tuttavia, in ebraico davar (דָבַר) – parola – non ha il significato che essa ha invece per noi.

In Ebraico, davasignifica piuttosto cosa, qualcosa di reale che la parola sottintende. Non dunque la parola nel senso letterario del termine, quanto invece la potenza creatrice di Dio che qui si dispiega pienamente. 

La luce

La luce. In ebraico or (אֹ֑ור). Essa è una creatura di Dio e serve, insieme al buio, a scandire il tempo. Per l’autore che scrisse queste righe – ossia i sacerdoti del VI secolo a.C.) – la scansione del tempo e la cronologia erano categorie molto importanti. Pertanto, secondo gli studiosi, qui non s’intende la luce in senso cosmologico, ossia quale entità contrapposta alle tenebre.

In altre parole, questo testo non appartiene a quelli in cui si dice che Dio è luce (1 Gv 1,5), per intenderci. Non sono del tutto sicuro di questa spiegazione e lo vedremo nei versetti seguenti. Certo è che questo versetto, insieme al quarto e settimo giorno della creazione struttura il tempo secondo i ritmi del giorno, della notte e del sabato quale termine della settimana.

Luce e tenebre

E Dio vide che era cosa buona. In ebraico tov (טֹ֑וב) non indica solo qualcosa di “buono”, ma anche di esteticamente bello. Perciò, quando Dio vede che la luce era buona è come se godesse di quanto aveva creato e ne fosse compiaciuto. La Bibbia non dice, però, che Dio benedisse le tenebre. Per quale motivo?

Perché nella Bibbia le tenebre indicano il caos e tutto ciò che è negativo. Ed è proprio questo il primo e fondamentale indizio a sostegno che la luce non sia solo quella del giorno, ma qualcosa di più. Certamente, essa è stata creata da Dio, perché gli antichi autori della Bibbia pensavano che il giorno e la notte fossero sue creazioni.

Ma il giorno e la notte simboleggiavano realtà assai meno ponderabili, come la realtà di Dio e quella del Male. Certamente, il sole è una creatura di Dio, ma nella Bibbia rappresenta anche Dio stesso che nasce (sorge), muore (tramonta) e rinasce (sorge di nuovo).

In definitiva, anche se qui la luce è una delle creature di Dio, tuttavia essa rappresenta qualcosa di più che non la semplice indicazione cronologica della mattina. Inizia qui, dunque, la linea di sviluppo che troverà compimento sia nei libri sapienziali (Cfr. Sal 104) che soprattutto nel Nuovo Testamento, dove la luce indica chiaramente Dio e chi a lui appartiene.

Luce e tenebre separate

Separò la luce dalle tenebre. Il verbo ebraico badal – qui all’hiphil (causativo) – indica la separazione, la distinzione che Dio pone tra i vari elementi della creazione. Questo verbo ricorre nei primi quattro giorni della creazione. La distinzione e la separazione appartengono al linguaggio tipico del sacerdotale.

La classe sacerdotale, infatti, aveva stabilito le regole di purità rituale, secondo le quali classificare e suddividere le cose pure da quelle impure, ma anche quelle giuste da quelle ingiuste (cfr. il libro del Levitico).

Questa separazionedistinzione ha tuttavia anche un significato assai più profondo, che la letteratura sapienziale porrà in evidenza. Vale la pena, allora, riportare questo splendido testo di Giobbe:

«Chi ha chiuso tra due porte il mare,
quando erompeva uscendo dal seno materno,
quando lo circondavo di nubi per veste
e per fasce di caligine folta?
Poi gli ho fissato un limite
e gli ho messo chiavistello e porte
e ho detto: «Fin qui giungerai e non oltre
e qui s’infrangerà l’orgoglio delle tue onde».

(Gb 38,8-11)

Alcuni piccoli dettagli ci impongono di considerare il mare e i suoi flutti nel suo aspetto simbolico oltre che reale. Prova ne è il fatto che le onde sono orgogliose, un aggettivo che è da attribuire ad un essere umano più che al mare.

Perciò, le distinzioni e separazioni che Dio pone nel cosmo, sono anche dei confini posti al comportamento dell’uomo, che non può permettersi tutto. Una tematica che tornerà prepotentemente nel cap. 3 della Genesi.

Giorno e notte

E chiamò. La luce e le tenebre vengono chiamate giorno notte (yomlaylah יֹ֔ום – לָ֑יְלָה). Dare il nome significa esercitare il potere sulla realtà così chiamata. Dio, perciò, anche se non benedice le tenebre, tuttavia dà loro il nome: notte.

In tal modo, egli le confina dentro un tempo preciso, così come la luce. Se volete, un ulteriore indizio che sia la luce, che le tenebre indicano già qui molto di più che la semplice successione di giorno e notte.

E fu sera e fu mattina, primo giorno. In ebraico, sera è èree mattina bòqer. Diciamo meglio che boqer indica l’inizio del giorno ed èrev l’inizio della notte. Tuttavia, né bòqer né èrev coincidono concettualmente con il giorno (yom) o con la notte (làylah).

E se yomlàylah sono i nomi – ossia le rappresentazioni – della luce e delle tenebre, allora vuol dire che sia la luce che le tenebre non coincidono concettualmente con il boqer ed erev. Insomma, non si può a mio avviso dire che in questo primo giorno della creazione, Dio creò semplicemente la luce e il buio quali indicatori temporali del giorno e della notte.

C’è molto di più, una intensità simbolica che la Bibbia poi svilupperà abbondantemente, attraverso la ricca rappresentazione del mondo di Dio e di quello del Male.

E fu sera e fu mattina

La successione e fu sera e fu mattina rappresenta il computo ebraico del giorno che inizia nel tardo pomeriggio del giorno precedente. Sorprende poi che l’autore non abbia detto giorno primo, ma giorno uno (in ebraico yom ecad). Infatti, i giorni seguenti della creazione sono chiamati giorno secondo, terzo e così via.

A mio avviso, questa particolarità rivela due aspetti del racconto. Il primo, riguarda l’unicità di Dio, autore assoluto della creazione; il secondo, riguarda l’oggetto creato nel giorno uno: la luce (e le tenebre).

Anche se si tratta di una creatura di Dio, la luce tuttavia fuoriesce abbondantemente dalla fraseologia schematica dell’intera settimana di creazione. Così, la luce è sia il giorno (bòqer), ma anche una dimensione che riguarda Dio. E le tenebre

Non si lascia intendere in alcun modo che le tenebre – in ebraico chòsheq (חֹ֖שֶׁךְ) – siano state create da Dio. Non lo si lasciava intendere al versetto due, dove le tenebre erano già presenti ed erano sulla superficie dell’abisso. Non lo si lascia in alcun modo intendere qui, dove viene creata solo la luce.

Non lo si lascia intendere neppure in altri luoghi della Bibbia, dove le tenebre – chiaramente in Giobbe – indicano realtà molto negative e spesso la realtà stessa del Male.

L’unica cosa che si può dire, nel contesto del racconto della creazione, è che le tenebre siano uno spazio in cui non c’è la luce. Più che presenza, sono un’assenza, una negatività sempre in relazione alla luce.

Simone Venturini

Simone Venturini

Simone Venturini, nato a Fano, Biblista e Professore di Ebraico e Studi biblici è da sempre in prima linea nel settore della divulgazione e della formazione. Vive a Roma insieme alla sua famiglia ed ha ricoperto ruoli importanti nelle più prestigiose università e istituzioni pontificie di Roma. La sua mission è quella di dare alla gente gli strumenti indispensabili per approfondire la Bibbia e capire il senso della vita e della storia.

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