Quando la vita di un uomo scorre felice e senza problemi, si dice che quella persona è nata sotto una buona stella. In effetti, per gli antichi, il momento della nascita corrispondeva a una certa configurazione astrale, con un significato preciso per il futuro del neonato.
Congiunzione astrale o cometa di Halley?
Gli antichi astronomi babilonesi – chiamati anche magi – avevano previsto una congiunzione dei pianeti Giove e Saturno intorno al 6 a.C. e che questa particolarissima configurazione si sarebbe manifestata nell’area del cielo corrispondente alla costellazione dei Pesci.
Eventi come questi di solito annunciavano la nascita di un personaggio che avrebbe cambiato per sempre i destini dell’umanità.
Altri pensano che si trattasse della cometa di Halley apparsa tra i 12 e l’11 a.C., che però rappresenta una data improbabile per la nascita di Gesù. Il problema di fondo è che nessuna di queste ipotesi tiene conto del fatto che il vangelo parla semplicemente di una stella, in greco aster:
«Alcuni magi giunsero da oriente a Gerusalemme e domandavano: Dov’è il re dei Giudei che è nato? Abbiamo visto sorgere la sua stella e siamo venuti per adorarlo»
(Matteo, 2,1-2)
Tra antiche profezie e fenomeno astrale
Per alcuni la comparsa dell’astro a Betlemme rappresenterebbe il compimento della profezia contenuta nel libro dei Numeri:
«Lo vedo, ma non ora; lo intravedo, ma non da vicino. Una stella spunterà da Giacobbe, uno scettro si leverà da Israele»
(24,17)
L’astro in cielo coincide perciò con la nascita di un re e potrebbe essere una semplice proiezione della nascita di Gesù mutuata dall’Antico Testamento. In poche parole, una stella non sarebbe mai apparsa a Betlemme nel luogo dove nacque Gesù.
Stavolta, però, è difficile capire il motivo per cui i primi cristiani abbiano scelto proprio questa immagine per parlare della nascita di Gesù. Secondo me, la spiegazione più logica è che si verificò qualche strano fenomeno astronomico nel quale si riconobbe poi il compimento della profezia contenuta nell’Antico Testamento.
Sì, ma di quale fenomeno si tratterebbe? La tesi della congiunzione planetaria di Giove e Saturno che sarebbe avvenuta intorno al 6 a.C. è veramente plausibile, poiché fu formulata non solo dai magi, ma anche dal grande matematico ed astronomo Keplero, nel 1603.
Il problema è solo uno: il Vangelo parla di una singola stella. Ma cosa intendevano i primi cristiani con questo termine? In generale, le luci del firmamento (cfr. Genesi, 1,14-19) e certamente non se ne aveva la precisa cognizione scientifica che abbiamo noi oggi.
Ecco perché qualsiasi fenomeno luminoso che appariva in cielo poteva essere chiamato stella. La tesi di una congiunzione tra Giove e Saturno appare così la più probabile, perché potrebbe aver prodotto un’intensa luminosità dovuta a una specie di fusione tra le luci emesse dai pianeti.
È quanto potrebbero aver visto gli astronomi chiamati magi intorno al 6 a.C. e aver poi calcolato che la zona del cielo corrispondente a questo singolare fenomeno corrispondeva alla Giudea.
Le configurazioni astrali influenzano l’uomo?
Si tratta, probabilmente, di una delle coincidenze più precise tra un dato biblico, la storia e la scienza: Gesù infatti nacque intorno al 6 a.C. Questa strana coincidenza solleva molti quesiti sul rapporto tra ciò che avviene in cielo e ciò che invece accade sulla terra.
L’interrogativo di fondo, antico e nuovo, è il seguente: le configurazioni astrali influenzano la vita degli uomini? In altre parole, era già stato prestabilito dalle stelle che Gesù sarebbe nato in Giudea e proprio in quell’anno?
A questa domanda gli astrologi più avveduti citano la frase attribuita a Tommaso d’Aquino: Astra inclinant sed non necessitant, ossia gli astri influenzano, ma non determinano. Come sempre, però, queste citazioni di uomini illustri del passato vengono riportate al di fuori del loro contesto e perciò spesso fraintese.
Infatti, gli astrologi in genere citano questa frase per controbattere alla diffidenza della Chiesa cattolica nei confronti dell’astrologia. Bisogna anzitutto capire cosa pensava Tommaso dell’astrologia. Il più grande teologo di tutti i tempi partiva dalle riflessioni di Tolomeo sul potere degli astri di influenzare gli uomini.
Corpi celesti e corpi inferiori: la tesi di S. Tommaso
Nell’antichità si pensava che Dio potesse governare i corpi inferiori – tra cui gli esseri umani – mediante i corpi celesti. Tuttavia le stelle e i pianeti non possono esercitare alcuna influenza sull’intelligenza o sul libero arbitrio umani.
Di qui Tommaso sviluppò la sua teoria secondo la quale solo l’uomo che si lascia trascinare dalle passioni del proprio corpo può subire l’influsso astrale. Chi, invece, le domina attraverso la ragione sarebbe libero da qualsiasi influsso esterno, astri compresi.
Così dicendo, però, ammette una certo influsso degli astri sull’uomo. È in tale contesto che va inserita la frase attribuita a Tommaso: gli astri influenzano (l’uomo), ma non determinano (il suo comportamento).
Se proviamo ad applicare questa teoria al caso della stella di Betlemme, noteremo subito che gli astri non possono annunciare un evento storico sulla terra.
Dovremmo infatti concepire gli uomini e le donne protagonisti della storia come semplici corpi che si muovono spinti dai loro istinti e impulsi, e questo non sembra proprio il caso dei personaggi che ruotano intorno alla nascita di Gesù, magi compresi!
Allora la stella di Betlemme è qualcosa di diverso da un fenomeno astrologico, pur asserendo comunque la straordinaria coincidenza tra la data della nascita di Gesù e la singolare congiunzione di Giove e Saturno.
Del resto, solo l’evangelista Matteo parla di una stella che apparve nei cieli della Palestina intorno al 6 a.C. Luca, per esempio, non menziona una stella, bensì dice che i pastori – non i magi – andarono a far visita a Gesù bambino, guidati da un angelo circonfuso di luce (2,9).
L’aspetto simbolico
Ancora una volta ci imbattiamo dunque in un fenomeno che, aldilà del dato astronomico o astrologico, è compreso nella sua piena verità attraverso ciò che esso simboleggia. Per diversi popoli dell’antichità, il cielo era una specie di tenda, mentre le stelle erano viste come delle aperture da cui filtrava la luce.
Esattamente ciò che appare ai pastori che si recano a Betlemme. Si dice, infatti, che quella luce era la gloria (cfr. Luca 2,9). Ebbene, il termine gloria – in greco doxa – nel Nuovo Testamento indica il mondo misterioso e luminoso di Dio (cfr. anche Ezechiele 1,28). I magi la chiamano stella, i pastori vedono un angelo luminoso.
Questa sovrapposizione di immagini è presente anche nel Vangelo apocrifico dell’infanzia arabo siriaco – del vi sec. d.C. – dove si legge: «[una volta giunti sul luogo della nascita] in quello stesso momento apparve loro un angelo, sottoforma di quella stella che prima era stata loro guida nel viaggio».
Dagli scritti apocrifi, questa sovrapposizione stella-angelo è probabilmente penetrata anche nella Chiesa cattolica.
È presente, infatti, nella cosiddetta ara di Ratchis dell’VIII sec. d.C. e conservata nel Museo diocesano di Cividale del Friuli. In uno dei bassorilievi laterali, è raffigurata la Madonna con il bambino, i magi che lo adorano e sopra di essi un angelo disposto orizzontalmente e sormontato da alcune stelle.
Le interpretazioni medievali della stella di Betlemme sanno esprimere simbolicamente ciò che il Vangelo di Matteo e di Luca vogliono comunicarci aldilà della diversità delle immagini usate.
E abbiamo già visto che una misteriosa comprensenza dell’angelo e della luce che era presente – milleduecento anni prima – anche nell’apparizione del roveto ardente a Mosè (Esodo 3,2).
Qui come là qualcosa del mondo di Dio (la luce) comunica (l’angelo) con il mondo dell’uomo. Si tratta dello stesso mondo da cui era venuto il messaggio diretto a Mosè e da cui proviene anche l’indicazione del luogo dove nascerà Gesù di Nazareth.
Il mondo luminoso di Dio si fa sentire
Ancora una volta, questa misteriosa ed eccezionale comunicazione tra le due dimensioni avverrebbe dunque in momenti cruciali della storia umana. Per gli ebrei, infatti, la fine della schiavitù egizia e l’inizio del cammino nel deserto rappresentano gli eventi fondanti e paradigmatici della loro religione (cfr. Osea, 2,16).
Per i cristiani e per il sistema cronologico occidentale, la nascita di Gesù è lo spartiacque tra la storia precedente e quella seguente. Neppure la presunta data della Creazione del mondo, calcolata dagli ebrei il 6 ottobre del 3761 a.C., riveste un ruolo così centrale.
Il misterioso fenomeno luminoso verificatosi in concomitanza con la nascita di Gesù, sembra quindi indicare che quell’evento segna un nuovo percorso di consapevolezza cosmica. Una fase che il profeta Daniele aveva chiamato “fine dei tempi” e che con Gesù giunge al suo punto culminante.